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Il commissario Pepe

Regia di Ettore Scola vedi scheda film

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La recensione su Il commissario Pepe

di Fosforo
8 stelle

Al poliedrico e compianto Tognazzi tocca questa volta vestire i panni di un commissario di polizia di una cittadina di provincia, all'apparenza così tranquilla da non aver quasi bisogno della polizia stessa. Ma basta una prima, blanda indagine richiesta dall'alto al commissario in prossimità delle elezioni politiche, per scoprire una incredibile ragnatela di intrighi e vizi, tutti rigorosamente a sfondo sessuale, nella quale sono invischiati un incredibile numero di persone.
Tra nobildonne dedite ad orgie, suore lesbiche, primari pedofili, figlie del prefetto che si prostituiscono per noia, vecchietti che gestiscono bordelli, il dossier del commissario Pepe cresce via via, diventando ben presto paragonabile ad un elenco del telefono. Ma quando è il momento di tradurre in azione quanto emerso dall'indagine, sarà quello stesso potere dall'alto che aveva commissionato l'inchiesta a chiedere un compromesso al commissario, quello cioè di eliminare dalla nutrita lista tutti i nomi dei cosidetti "cittadini rispettabili"...

Bella, molto bella questa pellicola diretta da Scola che ha l'unico difetto forse di partire un pò troppo lenta all'inizio (sebbene ciò sia funzionale a rappresentare al meglio l'apparente tranquillità delle cittadina e la routinaria vita del commissario) ma poi cresce pian piano, regalando poi un grande finale denso di spessore emotivo e morale.

Ottima la regia, con un piccolo tocco di classe che voglio sottolinare: sia nella primissima scena che nell'ultima di chiusura, la strada viene attraversata da una bambina con il cappotto rosso, prima saltellando su un pallone con manubrio (attrezzo di cui ignoro il nome) e alla fine, più grandicella, su una bicicletta, elegante soluzione narrativa che ci rappresenta il tempo trascorso, usata anche nel bellissimo "Brutti, sporchi e cattivi" sempre di Scola.
Ugualmente rimarchevole, la scena del dialogo tra Pepe ed il prefetto con la telecamera che si inclina quanto quest'ultimo legge il dossier quasi a sottolineare la sua prospettiva distorta e quella finale in cui il commissario, ormai disilluso, elimina via via tutti gli indiziati dalla lista, rappresentata con un apprezzabile tecnicismo da tanti minischermi tipo fototessera.

Molto sofisticato anche il montaggio, con continue sovrapposizioni sui fatti delle fantasie del commissario Pepe, opportunamente sottolineate da un adeguato tema musicale che aiuta a distinguere tra i piani della realtà e immaginazione senza perdere il filo.


Ottima prova del grande Tognazzi che veste con naturalezza i panni del quieto commissario Pepe, figura che rimarrà sicuramente molto impressa nel mio archivio dei ricordi "filmici" grazie allo splendido finale  da "mezzo-eroe" che evito di rilevare per non guastare la sorpresa a chi ancora non ha visto il film, ma che ho trovato di grande intensità drammatica e pervasa da una sorta di lirica giustizia, pur rimanendo perfettamente plausibile.

Al di là del già menzionato Tognazzi, ho trovato assai ispirati anche tutti gli interpreti secondari, che hanno contribuito a formare un grottesco quanto variopinto affresco, su tutti il mutilato su motoretta che svolge un ruolo cardine nel film e che dona alla pellicola un non so che di apocalittico. 
 
Fotografia piuttosto grigiastra e sporca, che però confersice al tutto un giusto sapore anni '70.

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