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Black Hair

Regia di Lee Man-hui vedi scheda film

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La recensione su Black Hair

di alan smithee
10 stelle

locandina

Black Hair (1964): locandina

 

FEFF 21 – UDINE: RETROSPETTIVA “I CHOOSE EVIL”

"Non ho scelto il male... È il male che ha scelto me. La mia morte non merita pietà."  

Negli anni '60 un boss rispettato tiene le fila del commercio illecito e viene rispettato nonostante qualche affare si riveli poco profittevole. Quando tuttavia la bella moglie del boss viene avvicinata e violentata da un drogato rancoroso e vendicativo a causa di un torto subito, il capo è costretto, anche per tener fede a precise regole che governano i codici comportamentali nel gruppo, a ripudiare la consorte e pure a punirla per un torto subito di cui in effetti nessuna colpa ricade si di lei, vittima degli eventi. Pertanto la donna, sfregiata in volto e allontanata, costretta per vivere a prostituirsi, trascorre un lungo periodo distante dal centro di affari del marito, e conosce un mite tassista che se ne innamora e le paga una operazione di chirurgia estetica.

scena

Black Hair (1964): scena

scena

Black Hair (1964): scena

Nuovamente ricattata dallo stupratore, la donna ha occasione di incontrare nuovamente il marito che, in realtà, non ha mai smesso di amarla e che appare sinceramente devastato per quella sua spregevole ed ingiusta azione dimostrativa nei confronti della ex consorte.

In un drammatico confronto, l'uomo saprà riscattarsi da quella bieca azione e farà in modo che la ex moglie possa ricostruirsi una esistenza onesta e libera col suo nuovo onesto uomo.

Black hair. Ovvero i capelli corvini della bella moglie, da lei utilizzati per celare il terribile sfregio fattole fare per punizione dal crudele marito, è un noir meraviglioso ed avvincente, melodrammatico e romantico che si fa forte di due personaggi meravigliosamente dettagliati, il boss e la moglie, perfettamente in simbiosi, nonostante lo scherzo beffardo della vita riservi loro una esistenza travagliata e devastata da eventi che appaiono completamente fuori controllo.

Ne emergono le figure romantiche e fiere del boss, uomo di malaffare ma leale e di saldi principi d'onore, e la sua onesta e mite consorte: entrambi costretti ad accettare un destino doloroso ed avverso che li sacrifica entrambi nell'espressione più naturale del reciproco amore, inviso ed osteggiato dagli eventi.

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Black Hair (1964): scena

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Black Hair (1964): scena

Quattro anni prima del capolavoro sulla incomunicabilità “A day off”, il gran regista coreano Lee Man-hee firma uno dei suoi migliori noir, sorretto da una sceneggiatura limpida e romantica che scivola sicura e ben salda verso un regolamento di conti ove il bene, o meglio la giustizia, finiscono per trionfare dopo inenarrabili traversie e avversità del destino.

Splendida, in particolare, nella sua contraddizione di fondo, la figura del boss, uomo duro, spietato, malvagio nel rispetto del suo ruolo in qualche modo ufficiale e istituzionale che non ammette punti di indecisione e deroghe. Ma anche una figura che agisce sulla base di principi che, in senso assoluto, osservno regole d'onore ben precise e che lo rendono psicologicamente più vulnerabile – e di conseguenza anche terribilmente più umano – di quanto il proprio ruolo istituzionale e di rappresentanza potrebbe in effetti consentire: lo interpreta con un'aurea alla Bogart (ed in fisico tarchiato alla Robert Blake - ovvero il mitico Baretta), l'ottimo attore Jang Dong-hui, mentre, nella parte della dolce e remissiva consorte, in grado pure lei di sfoderare inaspettate doti di coraggio e temerarietà per nulla preventivabili, apprezziamo la splendida prova d'attrice di una star femminile assai nota nei '60 in Sud Corea: Moon Jeong-sook: bellissima e tenerissima.

 

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