Regia di Thurop Van Orman, John Rice vedi scheda film
Il primo capitolo cinematografico della saga video ludica che vedeva gli arrabbiati uccellini lottare contro i maiali ladri di uova é stato, complice anche un budget piuttosto contenuto, un discreto successo che ha permesso la messa in cantiere di un seguito, con la Sony Pictures Animation (SPA) che ha co-prodotto il film insieme alla Rovio Animation e a cui ai precedenti registi subentrano Thurop Van Orman, autore di Le meravigliose avventure di Flapjack e coproduttore di Adventure Time, e John Rise, storyboard artist già del primo capitolo e regista di alcuni episodi di Rick & Morty, pellicola di cui il produttore John Cohen rimarca la libertà creativa rispetto al primo film ma, soprattutto, allo stesso videogame da cui ha avuto origine.
Probabilmente c’é meno che possa accontentare, rispetto al precedente capitolo, un pubblico più adulto, soprattutto per profondità e a livello di costruzione drammatica, ma Angry Birds 2 sceglie, anche giustamente, il proprio target (giovanilistico) e si dedica convulsamente ad esso con un umorismo slapstick e folle, travolgente nel suo ritmo surreale, tra i suoi continui riferimenti pop e una selezione di canzoni efficaci quanto programmatiche, da The Final Cowntdown degli Europe alla sigla di Dawson’s Creek.
I registi, abdicando immediatamente nel cercare una qualche ragione d’essere per il prodotto, si gettano nel più puro nonsense, di per sé anche geniale e/o divertente, a volte, ma lasciandosi prendere la mano in un accumulo parossistico di gag e battute tali solo per un pubblico di giovanissimi ma piuttosto opinabili e/o dimenticabili per altri (ad eccezione del “personaggio” dell’Aquila di Troia e alla sequenza della toilette) ma non tali da giustificare le ingenuità (anche se voluta) o una scrittura facilona e troppo semplicistica, anche per un prodotto che non vuole prendersi troppo sul serio.
Nota positiva invece il comparto grafico, indiscutibilmente eccellente, della Sony Pictures Animation anche grazie all’efficacia della pellicola nella renderizzazione dei colori della spiaggia tropicale o la neve dei ghiacciai dell’isola delle aquile.
Ma un altro aspetto da tenere presente in queste operazioni è anche (soprattutto?) la sua natura di product placement.
L’obiettivo di questi prodotti non é, come sarebbe facile pensare, fare soldi sfruttando delle proprietà preesistenti, già conosciute da una buona parte del pubblico (pagante) e quindi più facilmente vendibile, ma puntano piuttosto a vendere prodotti collaterali notevolmente più remunerativi della stessa pellicola.
Non importa quindi se il film fa soldi oppure no, l’importante é la sua funzione di mega spot o di costosa pubblicità come volano per la vendita consociata di altri prodotti.
Rimane solo da capire se questo si può ancora chiamare cinema.
VOTO: 5
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