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Abrakadabra

Regia di Luciano Onetti, Nicolás Onetti vedi scheda film

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La recensione su Abrakadabra

di alan smithee
6 stelle

LOS HERMANOS ONETTI:

-Sonno profondo: voto ***1/2

-Francesca: voto ***

-Los Olvidados: voto **1/2

-Abrakadabra: voto ***

"Una volta eliminato l'impossibile, tutto ciò che resta è la verità..."

Italia inizio anni '50. Un abile prestigiatore di fama, Dante Mancini, meglio noto come "il grande Dante" (il nome del celebre poeta e scrittore italiano non è la prima volta che appare in una storia "made in Onetti", ed anzi viene e qui a comporre una ideale trilogia ispirata la celebre Poeta e dedicata al giallo italico anni '70), rimane vittima di un suo stesso gioco di prestigio, quando una pistola, di norma caricata a salve e puntata contro la sua persona, lo centra in pieno, per opera del suo fidato giovane assistente, che per questo violento episodio si prepara a scontare die decenni di reclusione.

Trent'anni dopo, ritroviamo il figlio del defunto prestigiatore, pure lui mago piuttosto affermato e specializzato in giochi dai contesti piuttosto macabri ed impressionanti. L'uomo balza alle cronache quando una sua assistente viene ritrovata cadavere, straziata in modo orrendo proprio sulle scene dello spettacolo destinato a debuttare la sera successiva.

La polizia si mette alle calcagna del mago, che in effetti rimane invischiato in tutto e per tutto in una serie di successivi violenti assassini, per opera di un misterioso folle assassino assai scaltro nel fare in modo che tutti i sospetti si concentrino sul mago.

La risposta, assai macchinosa ed elaborata, ma certo godibile nel contesto stilistico tutto particolare della pellicola, è racchiusa tra i fatti misteriosi del passato lavorativo del misterioso e defunto padre.

La passione irresistibile, fatta di ammirazione, ma pure perfetta conoscenza e competenza sin nei dettagli più arditi, da parte dei due registi argentini fratelli Luciano e Nicolas Onetti nei confronti del giallo italiano anni '70, si fa ora particolarmente viscerale in questo terzo ed a suo modo assai riuscito tentativo di rielaborarne i fasti, restando fedele ad ogni minimo particolare, temporale quanto stilistico, in grado di scandagliare quel particolare e fortunato filone in grado di rendere mondiale, un certo stile di cinema solo apparentemente legato ad una specifica localizzazione nazionale.

Titoli di testa e di coda rigorosamente in italiano (splendido alla fine leggere: "avete visto... Abrakadabra", in cui i cognomi di molti degli interpreti, personale tecnico, produttivo e sin delle maestranze, risulta portare assonanze italiche perfette per rendere credibile la circostanza.

Lungo la storia appaiono testate di giornali italiani, e gli stessi interpreti parlano un italiano piuttosto fluente, ma che non può fare a meno di tradire una influenza spagnoleggiante che lo rende simpatico, un po' buffo, ma anche una dimostrazione ulteriore dell'accanimento degli autori nel voler rispettare tutte le caratteristiche di un filone che gli stessi dimostrano di conoscere sin nei dettagli più scandagliati.

Da quel punto di vista l'operazione, in questo film come nei primi due parimenti interessanti girati dagli Onetti (Sonno profondo e Francesca), denota un impegno maniacale che nemmeno l'altra mirabile coppia di registi appassionati folli del genere, quei belgi parimenti folli conosciuti come Forzani e Cattet (autori interessantissimi e ingegnosi di Amer, L'etrange couleur des larmes de ton corps e Laissez bronzer les cadavres) riesce ad eguagliare.

Nel raffronto inevitabile tra le due coppie, se Forzani/Cattet vince senz'altro per la capacità di sviluppare una storia più composita ma anche, a suo modo lucida, gli Onetti, che si occupano pressoché di tutto, accentratori dalla regia, alla produzione, ai singoli dettagli sino alla musica, vincono invece quanto ad aderenza fedele al genere giallo italiano, del quale trascrivono e rielaborano ogni dettaglio, senza peraltro copiare di sana pianta, ma sapendone cogliere appieno i dettagli attraverso le loro storie, un po' sghembe e traballanti, ma accettabili come puro presupposto per ricreare ed omaggiare un genere.

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