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Questa notte mi incarnerò nel tuo cadavere

Regia di José Mojica Marins (Zé do Caixão) vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Questa notte mi incarnerò nel tuo cadavere

di okkio
stelle

Secondo episodio della saga di Zé do Caixao, che inizialmente prevedeva ben sei sequel, compreso il primo - il più genuino e artigianale - A meia-noite levarei sua alma. In realtà, Marins, bloccato da un contratto in esclusiva con il produttore Augusto Pereira De Cervantes, non andrà oltre questa seconda pellicola.
Rispetto al primo film con protagonista il sadico becchino, qui José Mojica Marins confeziona un prodotto un po' più curato. Il motivo è semplice: il budget di cui dispone è superiore rispetto al film precedente, fattore che gli consente di prendersela con più calma.
Notevole la scena dell'inferno: Marins recita la parte di Zé ma anche quella di Nero nella stessa sequenza. Ma siamo nel 1966 e Marins non dispone di strumenti quali programmi di computer graphic, perciò usa semplicemente il trucco della doppia esposizione dello stesso negativo. la scena dell'inferno è una delle due scene madri, assieme a quella dell'invasione delle tarantole nella stanza - addobbata con candidi letti a baldacchino - in cui dormono le ignare ragazze.
Buona come sempre la prova d'attore di Marins (con una recitazione volutamente sopra le righe, che include mossette alla Vincent Price, su tutte l'arco sopraccigliare che si inarca ad ogni piè sospinto), penose le prove recitative di supporto, in particolare quella di Nadia Freitas (Laura). è stato un errore anche far scrivere i dialoghi alla scrittrice Aldenoura de Sa Porto: un tentativo di Marins di accostare il suo lavoro al cinema di "qualità", che ha l'effetto indesiderato di rendere i dialoghi eccessivamente pomposi e inadeguati alle scarse capacità degli attori, come pure, probabilmente al livello culturale medio del pubblico.

Sulla trama

Zé do Caixao, assolto per insufficienza di prove dai delitti compiuti in A meia-noite levarei sua alma, prosegue la ricerca ossessiva della donna capace di dargli il figlio perfetto, un donna "superiore" adatta a generare il veicolo della continuazione del suo sangue, sangue di uomo forte e intelligente, perché lontano dai sentimenti, dalla religione, in una parola dalle debolezze. Per fare ciò, rapisce, con l'aiuto del fido Bruno (aiutante storpio e gobbo), sei belle giovani tutte note per la mancanza di fede, sulle quali provare la sua "scienza": le sottopone cioè ad una serie di test macabri (invasione di tarantole - Marins utilizzò aracnidi veri, seppur privati del veleno, ad ogni modo non mortale - e serpenti, uso di acidi che bruciano la pelle, ecc.). L'unica a sopravvivere sarà l'eletta, la migliore, la donna destinata a unire i suoi geni con quelli del becchino. Non appena una di esse, Marcia, dimostra di non provare paura per i rettili, Zé si illude di aver trovato la donna giusta. Come ultima prova, vuole che la ragazza assista all'uccisione delle altre, rinchiuse in una stanza alla mercé di cobra e altri serpenti. le donne moriranno una ad una ma Marcia non riuscirà a resistere a tanta crudeltà. Zé deciderà comunque di non ucciderla, solo per usarne il fascino per raggiungere i suoi scopi. Una sera, mentre si trova alla locanda del paese però, Zé scopre casualmente che una delle donne torturate era incinta. Divorato dai rimosri di coscienza, ha un incubo nel quale cade all'inferno (a colori, mentre il resto del film è preto e branco) dove incontra le sue vittime, in una sequenza a dir poco allucinante che dura quasi otto minuti. Marcia, però, divorata dai sensi di colpa, confessa la colpevolezza del becchino alla polizia. Nella sequenza finale, inseguito dalla popolazione inferocita e decisa a fare giustizia, Zé cade nella palude dove in precedenza Bruno ha gettato i corpi delle ragazze. Finirà affogato tra i corpi delle giovani che riemergono dalle acque (uniche prove della sua colpevolezza), chiedendo perdono a Dio. In realtà, la pellicola avrebbe dovuto concludersi diversamente (con Zé imperterrito che, anche di fronte alla morte, ribadisce di non credere in Dio), ma la commissione di censura, oltre a tagliare di quasi venti minuti il film, obbligò Marins a doppiare nuovamente l'epilogo.

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