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Achille Tarallo

Regia di Antonio Capuano vedi scheda film

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La recensione su Achille Tarallo

di Furetto60
5 stelle

Stravagante commedia, demenziale-musicale. Buona la prova di attori e caratteristi.

Achille Tarallo, è un autista di autobus, che presta servizio nella caotica Napoli, ha una moglie, litigiosa e sguaiata, tre figli e un sogno nel cassetto: diventare un cantante famoso come Fred Bongusto. Abita nella popolaresca periferia nord della città. Insieme al partner dal nome d’arte “Cafè,” canta ai matrimoni, contrattualizzato dall’improbabile impresario Pennabic,un soggetto,  inconcludente e logorroico, per giunta ostaggio di maneggioni, in odore di camorra,” proponendo ai novelli sposi, un repertorio soprannominato “Tamarro Italiano “spesso sollevando il malumore degli ospiti e soprattutto dei genitori paganti, che gradirebbero gli intramontabili classici partenopei. È l’unico cantante napoletano che pretende di cantare in italiano. Odia i neomelodici. Detesta le tradizioni canore partenopee. È convinto che il dialetto abbia rovinato la sua città e le sue canzoni, si sente un incompreso, soprattutto in famiglia, dove riesce a parlare solo con il suo cane, in un esilarante siparietto chiede alla moglie “ma secondo te questo cane è normale?” E lei “ma perché tu sei normale?” però ha un’amante, cafona e gelosa, con la quale si trastulla in spericolati giochi erotici. Cantante quasi per hobby, Achille Tarallo sogna, cerca di sfuggire all'invasivo e rumoroso "calore" della sua città. In una sconclusionata escalation di equivoci, paradossali esibizioni e folli relazioni, si giunge alla colorita dipartita di Tarallo Ezio, padre di Achille e dunque si materializza, silenziosa e discreta Kira, giovane e bella bielorussa, in qualità di badante, che farà perdere la testa, al nostro “eroe.” La sceneggiatura del film sembra a tratti improvvisata, quasi dilettantesca, con dei passaggi che spaziano tra il surreale e il grottesco. Gli elementi tipici della commedia demenziale vengono radicalizzati, con attori che entrano in scena in modo sciagurato, luci sparate all’impazzata, movimenti di macchina audaci, sequenze festosamente ridicole, come il cane Fred, che canta la canzone finale. Capuano, regista al di fuori degli schemi, anarchico e dotato d’ironia e autoironia ha avuto il coraggio di proporre una commedia farsesca, musical-demenziale, assolutamente inclassificabile e anticonvenzionale, che non rientra in alcun genere, senza timore di far storcere il naso ai cultori del cinema d’impegno, ci mette di tutto, un po’: la criminalità organizzata, l’amore platonico, ma anche il sesso, il lutto che vira verso il melodramma, i dialoghi da sceneggiata e quelli da commedia teatrale, il senso del beffardo, ma anche la riflessione. Una bella insalata di spunti e di idee, che rimangono però molto in superfice, in un film, tanto sgangherato, quanto allegro. Capuano prova a mettere alla berlina la napoletanità, nella sua accezione più colorita, utilizzando una “non tecnica”, coadiuvato da un cast adattissimo alle sue esigenze, che aderisce alla grande, allo spirito goliardico e dissacrante del copione ,l’ anticonformista Celestini, con i suoi strampalati tempi teatrali, un autore di culto del trash musicale campano, come Tony Tammaro, ma soprattutto un Biagio Izzo finalmente affrancato dal ruolo di gregario comico, che trova finalmente una parte da protagonista, e la interpreta efficacemente, connotandola di svariate sfaccettature. Anche il cast di contorno, sempre costantemente sopra le righe, è efficace e divertente. Il film, non va preso troppo sul serio

 

 

 

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