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Mission: Impossible

Regia di Brian De Palma vedi scheda film

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La recensione su Mission: Impossible

di giurista81
6 stelle

Forse uno dei maggiori incassi del genio di tecnica e visionarietà rappresentato da quel genio di Brian De Palma, l'Alfred Hitchcock degli anni '80 e '90. Un buon film, certo, con Tom Cruise (non poi così male come dicono) in veste di protagonista e di produttore, ma non tra i migliori per copione e soggetto (firmati dall'asso David Koepp, collaboratore, tra gli altri, di Spielberg). È un De Palma molto più impersonale del solito, privo della sua ossessione per il doppio, che guarda allo spionistico restando lontano da capolavori quali Intrigo Internazionale (1959)del suo mentore di riferimento. Questo non deve tuttavia portare a sottovalutare Mission: Impossible, ispirato all'omonima serie televisiva a cavallo tra gli anni sessanta e settanta. La messa in scena, specie nella parte iniziale ambientata a Praga, è mostruosa e ispirerà il successivo Omicidio in Diretta (belli gli stratagemmi attraverso i quali vengono segnati i soggetti da seguire). De Palma da un saggio di alta tecnica e perizia direttiva, non è una novità. Muove gli attori in un contesto affogato da una nebbia impenetrabile, che rimanda alla narrativa di Algernon Blackwood (penso al racconto Confession, pubblicato nel 1921). Attraverso una serie di ricostruzioni postume, che rimandano a Kurosawa (peccato non abbia approfondito ulteriormente) e sviluppano l'intero intreccio, si muove tutto il film che, di lì in avanti, prosegue con minore coinvolgimento (pur essendoci la magistrale scena del furto dei nomi, un'altra perla questa volta giocata in ambienti stretti come un cunicolo di areazione). Ritorniamo però a Praga, per sottolineare la fotografia notturna pazzesca di Stephen H. Burum (fedelissimo di De Palma), che piazza contrasti di colore tra il grigio della nebbia, il buio della notte, il blu e il giallo delle luci. Momenti che rimandano addirittura ai quadri di Van Gogh come Notte Stellata sul Rodano (1888). Inutile girarci intorno o far finta di niente. Siamo al cospetto di alto cinema per messa in scena e capacità artistiche nel senso più alto del termine. L'occio gode a vedere certe cose e lo fa come quando si esalta al cospetto della capacità onirica del miglior Argento (c'è una spiccata reciprocità tra i due Maestri). Che dire infine, nell'ultima parte della pellicola, dell'inquadratura in movimento verticale rispetto all'avanzamento di un treno che, da lontano, corre sui binari con la telecamera in progressivo avvicinamento fino a inquadrare dal vetro, all'interno, in dettaglio cosa sta facendo l'attore che si trova seduto sulle poltroncine? Mostruosa, forse ritoccata al computer, di certo tutt'altro che semplice. De Palma gioca, e lo fa alla grande, a fare Hitchcock, rimandando per tecnica e movimento di macchina al prologo di Psyco. Poesia pura per i cultori delle citazioni, materiale di studio per gli allievi delle scuole della settima arte. Poco importa poi se l'epilogo risulti telefonato per sviluppi d'indagine e, soprattutto, per dei momenti inverosimili che, purtroppo, diventeranno marchio di fabbrica della saga guardando alla serie 007. Iconica la colonna sonora main theme di Danny Elfman, tra le migliori degli anni novanta. Terzo incasso del 1996, dietro i commercialissimi Independence Day e Twister.

 

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