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Una ragione per vivere e una per morire

Regia di Tonino Valerii vedi scheda film

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La recensione su Una ragione per vivere e una per morire

di giurista81
5 stelle

Grande professionalità al servizio di una sceneggiatura trita e ritrita. A distanza di un lustro si ritorna sul copione in stile Quella Sporca Dozzina, modificando l'ambientazione dalla seconda guerra mondiale all'intelaiatura western. Ancora una volta dunque ci troviamo alle prese con una manipolo di reietti chiamati a un'azione suicida: riconquistare un fortino finito dalle mani dei nordisti a quelli dei sudisti.

Cambiano le location, ma non cambiano i contenuti, per giunta in una via già intrapresa dai vari Ammazzali Tutti... E Torna Solo, Oggi a Me... Domani a Te Un Esercito di 5 Uomini. Sorprende che dietro al progetto via sia un asso come Tonino Valerii, regista autore di molteplici spaghetti western di primissima fascia, tali da competere con la grande triade composta da Sergio Leone, Sergio Corbucci e Sergio Sollima. Non a caso l'anno dopo girerà il ben più riuscito Il Mio Nome è Nessuno, un piccolo grande capolavoro.

Sorprende ancor di più la presenza di un cast che annovera star hollywoodiane del calibro di James Coburn (reduce da Giù la Testa) e Telly Savalas, oltre all'immenso Bud Spencer e al tedesco René Kolldehoff (il colonnello che era solito dire ne, Lo Chiamavano Bulldozer: "Sa qual'è il mio peggior difetto?)", a corredo di un cast artistico di bravi caratteristi (c'è anche il leoniano Benito Stefanelli, in un ruolo più ampio del solito). Dunque premesse altissime, disattese in parte da un copione che non ha nulla di innovativo. Resta una bella azione, tutta concentrata nella parte finale (esplosioni e smitragliate a non finire) all'interno di un fortino assai scenografico, e delle interpretazioni che sostengono da sole il film. Si ricorda anche la caratterizzazione del personaggio di Telly Savalas, solito accendere fiammiferi sui genitali di una statuetta classicheggiante tanto da averli resi neri (peccato che il suo sia un ruolo piuttosto circoscritto). 

Curiosa la costruzione del ritmo che segue più la via americana che quella italiana. Valerii, allievo di Leone, non segue la via tracciata dal maestro, ma opta per uno schema narrativo crescente, soluzione peraltro già seguita in altri suoi western. Così non abbiamo quei famosi "finali ogni cinque minuti" che soleva dire Leone, piuttosto uno sviluppo omogeneo e regolare. Anche le battute sono poco smargiasse, sebbene non manchi un pizzico di comicità rappresentata dal personaggio di Bud Spencer.

Memorabile il finale, col rallenty su Savalas.

Carino, ma scopiazzato a destra e a sinistra. 

 

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