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La truffa del secolo

Regia di Olivier Marchal vedi scheda film

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La recensione su La truffa del secolo

di alan smithee
6 stelle

CINEMA OLTRECONFINE

Antoine Roca è un industriale del carbone piegato dalle imposizioni che finiscono per gravare sulle società come la sua, altamente nocive in termini di inquinamento.

Imprendtore che ha ereditato dal padre una fabbrica con 35 dipendenti, si trova ora strozzato dai debiti e costretto a presentare i libri in tribunale.

Se non che, parlando con due fratelli di famiglia ebrea, titolari di locali e assidui giocatori d'azzardo come lui, intuisce un sistema artificioso, ma tutt'altro che campato per aria, per rendersi autore di una delle più grosse truffe ai danni dello Stato francese in materia di imposta sul valore aggiunto.

Siamo ad inizio anni 2000 e l'uomo, abbandonato dalla moglie, figlia di un miliardario ebreo che lo odia, disprezza il suo essersi fatto da sé, e si offre pure e per la prima volta di aiutarlo in cambio che egli rinunci per sempre alla paternità del suo unico figlio, intraprende l'attività di frode accendendo diversi conti su alcuni paradisi fiscali, con un anticipo fattosi prestare da un usuraio arabo.

Tutto prosegue ben oltre le aspettative, al punto che l'industriale accumula una somma così ingente da permettergli ben altro che salvare l'azienda e ripagare lo strozzino. Ma quando questo fiuta l'affare, ecco che gli impone di divenire socio per metà, ed è l'inizio di una sanguinosa faida il cui esito ci viene anticipato nella granguignolesca scena di apertura.

Il ritorno in regia di Olivier Marshal dopo quasi sette anni dalla sua precedente regia, avviene, come è tradizione, nel segno del polar più tradizionale, e piuttosto ben costruito.

Il film non nasconde mai la sua riverenza verso un capostipite come lo Scaface depalmiano, di cui ostenta con una buona dose d ironia pure la locandina nel super ufficio che i tre soci aprono in Parigi convista sulla Tour Eiffell.

Poi, inesorabile dopo l'ascesa irresistibile, ecco che il percorso sifa a ritroso ed il sangue inizia a macchiare gli induenti e a lacerare le carni.

Benoit Magimel, clamorosamente ingrassato nell'ultimo biennio (lo abbiamo già notato così gongio in almeno due altre recenti occasioni), è un ottima alternativa europea ad un Sean Penn che saebbe stato perfetto nel medesimo adattamento oltreoceano.

Nella parte del suocero spietato, Gerard Depardieu si ritaglia quattro o cinque pose in cui non passa mai inosservato, anche se il suo personaggio lo avremmo certamente amato un pò più accuratamente sviluppato e motivato, non ridotto ad una mera figurina tenebrosa ed amorale.

Stesso dicasi per la "femme du boss", una bellissima Laura Smet, alla sua seconda avventura con Magimel, quasi un quindicennio dopo Damigella d'onore di Chabrol: il suo personaggio è troppo relegato al ruolo di cliché, ed appare nesorabilmente poco scritto, troppo poco delineato, troppo qualunque.

Peccato perché il film, come noir, ha un suo valido incastro e si segue con un certo interesse, essendo Marshal piuttosto padrone del mestiere ed in grado di giostrarsi piuttosto disinvoltamente tra le maglie dell'imbroglio che sta al centro della vicenda, e quel minimo d'azione e di suspence che lega assieme una storia di vendette e di tentativi di riscatto sociale, ma anche morale

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