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On the Beach at Night Alone

Regia di Hong Sang-soo vedi scheda film

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La recensione su On the Beach at Night Alone

di alan smithee
7 stelle

CINEMA OLTRECONFINE

Conosciamo la bella ed un po’ scossa Younghee presso una città tedesca durante un freddo inverno (siamo ad Amburgo), mentre passeggia con un’amica fino a raggiungere una spiaggia verso l’imbrunire.

Comprendiamo poco della situazione sentimentale della ragazza, ma veniamo informati che la fuga è stata causata a seguito di una relazione amorosa con un uomo sposato. La donna, ritreovandosi sola sulla spiaggia fredda e desolata, pensa all’uomo abbandonato, e si pone domande su incognite a cui non potrà tanto facilmente rispondere.

In seguito ritroviamo la ragazza nella natia Corea, mentre cena e discute con una certa partecipazione, assieme ad altri commensali. Veniamo a sapere altri dettagli sulla sua vita, come ad esempio il fatto che è un’attrice piuttosto nota, che tuttavia da tempo ha scelto di rimanere fuori dal jet set. Poi di scatto la discussione, dapprima vivace ma condotta in modo amabile, subisce un cambiamento e la ragazza mostra senza timore una aggressività che non le si poteva attribuire in precedenza. Il panico probabilmente nasce quando una domanda torna ad assillarla: quanto potrà contare l’amore nella sua vita?

In tre atti tutti a ridosso della medesima ansiosa ed incupita donna protagonista, il coreano Hong Sang-soo cuce delicatamente attorno alla “sua” donna una nuova storia intima fatta di timide ammissioni e, talvolta, focose rivendicazioni di orgoglio.

Le donne sono sempre state al centro dei film dell’autore coreano più intimista e sensibile alle pieghe incontrollate della psiche.

Con un titolo che prende in prestito un verso del poeta americano Walt Whitman (le sequenze sulla spiaggia ci sono realmente, ma mai di notte, forse tutt’al più in prossimità dell’imbrunire), Sang-soo costruisce un altro importante, delicato ma non arrendevole tassello di una filmografia tutta incentrata sullo studio delle sfaccettature emotive che conducono le sue protagoniste a reagire ad uno shock emotivo che le ha allontanate o comunque scosse oltre ogni limite preventivato.

Davanti alla camera del regista, come spesso avviene ultimamente, la sua donna, ovvero la bella Min-Hee Kim, già presente negli altri due film di questo concitato 2017 (Claire’s Camera e The day after, entrambi a Cannes, rispettivamente Fuori ed In Concorso), ed in altre determinanti ed apprezzate prove cinematografiche di un recente passato.

Cinema che sonda le incertezze dell’animo e le angosce amorose che si sviluppano quando il cuore procede orgoglioso oltre ogni prudente convenzione che assennatamente sconsiglierebbe di proseguire, quello di Sang-soo è uno stile cinematografico che non cerca appigli esteriori né condiscendenze estetiche, per andare dritto orgogliosamente a centrare le dinamiche di una crisi interiore che lacera e consuma silenziosamente, sino a manifestare platealmente e nervosamente le sue nevrosi più genuine: anche a costo di far risultare la pellicola a lungo andare ostica, ossessiva, ossessionante. Ma il tratto è forte e sincero, e la mancanza di orpelli inutili rende l’insieme dell’opera dell’autore, uno studio intenso ed introspettivo difficile da uguagliare quanto ad intensità descrittiva.

E non mancano comunque inquadrature stupende, anche quando la macchina si adagia semplicemente a contenere il corpo rannicchiato della protagonista dormiente in riva al mare, come per annullarsi di fronte alla forza di una natura che va avanti incurante di dilemmi interiori in grado invece, in noi uomini e donne deboli, di compromettere intere esistenze.

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