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Pasolini, un delitto italiano

Regia di Marco Tullio Giordana vedi scheda film

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La recensione su Pasolini, un delitto italiano

di LorCio
7 stelle

“Pasolini – un delitto italiano”. Sta tutto nel titolo. C’è il protagonista, l’indimenticabile scrittore, poeta, regista Pier Paolo Pasolini. Il suo omicidio, un massacro efferato. Italiano, perché, come in tutte le tragedie nostrane non si riesce mai a fare verità. E di questo vogliono parlarci il regista Marco Tullio Giordana e i suoi sceneggiatori Stefano Rulli e Sandro Petraglia. Del perché di questo delitto non conosciamo, e, probabilmente, mai conosceremo la realtà dei fatti. Praticamente i tre, ispirandosi alla biografia di Enzo Siciliano edita da Giunti, vogliono farci capire come sia stato scomodo quell’intellettuale omosessuale e comunista per tutti, indistintamente. Faceva paura, Pier Paolo. Faceva paura quando trasportava nelle pagine delle sue opere tutta la cruda verità delle borgate romane. Faceva paura quando dalle colonne del borghesissimo Corriere della Sera lanciava attacchi ai potenti democristiani, Andreotti-Fanfani-Rumor-e-altri, colpevoli, moralmente e tangibilmente, di un’infinità di reati ai danni del popolo italiano. Faceva paura PPP. Sì, era, come si dice?, scomodo, ingombrante, fastidioso. Non solo pesantemente in conflitto con se stesso, il suo essere cattolico e allo stesso tempo omosessuale e comunista, ma anche in ostilità con una società sempre più mediocre e conformista. Del suo omicidio, ma fu un vero e proprio massacro, fu accusato uno dei suoi ragazzi di vita, Pino Pelosi. E andava bene così: “abbiamo accusato uno straccione? Benissimo, eviteremo ricerche più precise e profonde. E chi se ne frega se l’hanno ucciso in banda, se era un agguato o cos’altro. Chi se ne frega, facciamolo passare come una cosa tra froci”. È stato probabilmente questo il ragionamento di alcuni funzionari incaricati di fare luce sulla faccenda. E ci sorprendiamo se il delitto di PPP è un mistero italiano? E non solo un omicidio, ma anche una vergogna. Recentemente Pelosi, che si è sempre dichiarato colpevole, ha dichiarato di non essere stato lui a commettere l’assassinio. Le indagini si sono riaperte. Staremo a vedere. Ma torniamo al film. La potenza del messaggio pasoliniano non è sempre trasportata nel film di Giordana, a volte schematico, ma, tuttavia, si sente l’anima profonda e pura dell’intellettuale, la sua disillusione nei confronti del mondo che lo circonda. PPP è presente nel film, in immagini di repertorio, e si ascolta anche la sua sottile e tenera voce quasi puerile. Sì, c’è un attore che lo interpreta nelle fosche e movimentate scene del massacro, ma è solo di spalle, un corpo, non un volto. Il resto si svolge con fluida chiarezza. “Pasolini – Un delitto italiano” è una pellicola asciutta ed intensa che si muove sulle corde del docudramma e del film inchiesta, servendosi anche di finte rappresentazioni d’epoca e mischiando la realtà con la verosimiglianza, personaggi esistiti veramente ed altri dei quali è intuibile l’esistenza, figure funzionali che hanno l’obiettivo di condurre lo spettatore nella torbida vicenda. Si rischia qualche volta di non seguire bene tutte le dinamiche della situazione, ma ogni qualvolta s’avverte la sensazione si ritorna subito sui binari giusti e decisi dell’indagine. È vero che la sceneggiatura della coppia d’oro Rulli-Petraglia più Giordana evita qualunque digressione e inutili fronzoli, peccando, forse, talvolta in retorica, ma se il film può considerarsi riuscito un ruolo fondamentale l’ha avuto la brava Cecilia Zanuso che l’ha montato con accurata efficienza -David di Donatello 1996-. Ma anche le serrate musiche di Ennio Morricone. Nonché un cast artistico preparato: non deludono Giulio Scarpati, Claudio Bigagli (gli avvocati della famiglia Pasolini), Nicoletta Braschi (la cugina), Antonello Fassari (l’avvocato di Pelosi), Claudio Amendola (Trepalle) e Ivano Marescotti (un gay), sorprende Carlo De Filippi (Pelosi), rapidi i contribuiti dell’aristocratico Umberto Orsini (un alto magistrato), Andrea Occhipinti (Furio Colombo) e della sempre dolce Adriana Asti (una maestra). Su tutti spiccano la ruvida incisività del magistrale Toni Bertorelli nei panni dell’immaginario ispettore Pigna e l’altera finezza di Massimo De Francovich come medico. Quando illustra la sua ricostruzione dei fatti in tribunale ricorda Albert Finney-Poirot in “Assassinio sull’Orient-Express”. Anche in quello stupendo giallo c’era un morto, ammazzato da parecchie persone. Anche PPP fu ucciso da molta gente. Ma a differenza della crudele vittima del giallo della Christie, qui viene fatto fuori un uomo buono. Sì, abbiamo perso un intellettuale, un poeta, uno scrittore, un regista. Ma anche un uomo buono.

Sulla colonna sonora

Dense e serrate musiche del sommo Ennio Morricone.

Cosa cambierei

Voto: 7.

Su Claudio Amendola

Non delude.

Su Andrea Occhipinti

Furio Colombo.

Su Toni Bertorelli

Incisivo, ruvido ed eccellente.

Su Nicoletta Braschi

Non delude.

Su Carlo De Filippi

Sorprende.

Su Marco Tullio Giordana

Puntuale e sicura. Benissimo.

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