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Daunbailò

Regia di Jim Jarmusch vedi scheda film

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La recensione su Daunbailò

di passo8mmridotto
7 stelle

Un regista americano, Jim Jarmusch, che non parla italiano, e un attore italiano, Roberto Benigni, che non parla americano. A Salsomaggiore, in quel fatidico aprile, invitati a far parte della Giuria del Festival Cinematografico che in quella cittadina termale si tiene ogni anno. Otto giorni di lavoro, per i due, praticamente senza mai parlarsi, ma a studiarsi reciprocamente si, perchè il giovane regista Jarmusch si divertiva ad osservare Benigni nei suoi comportamenti buffoneschi e per lui esilaranti.

Benigni da parte sua, si era informato su quel giovane trentenne dai capelli bianchi, perennemente vestito di nero, che lo faceva apparire ancora più alto. Già esponente di rilievo del cinema indipendente americano, era stato allievo di Nicholas Ray e contava tra le sue amicizie  Wim Wenders.

Dopo alcuni mesi, Benigni fu chiamato da Jarmusch. Il regista americano gli offriva una parte di coprotagonista in un fil a basso costo, da girare in bianco e nero e in lingua inglese, in presa diretta.

Il nostro accettò immediatamente. Del film sapeva soltanto che si sarebbe chiamato "Down by law" e che si sarebbe girato in Louisiana.

Benigni dettò una sola condizione: voleva portare con se la sua fidanzata, Nicoletta Braschi, per la quale poi chiese ed ottenne una parte nel film.

Ottenuto il benestare, Roberto e Nicoletta saranno protagonisti di una delle più belle scene del film, quando, all'interno di un bar, si abbracceranno in un ballo dolcissimo che avremmo voluto non finisse mai. Pura poesia benignesca, dentro la disperazione di una fuga infinita e senza via di scampo...

La storia, improbabile come tutte le storie di Jarmusch, gira intorno a due balordi rinchiusi nelle prigioni di New Orleans.

Uno è Zac (Tom Waits), l'altro, Jack (John Lurie), sassofonista dei "Loungue Lizards", sempre presenti nei film di Jarmusch. Un protettore e un disc-jockey fallito. Benigni invece è un "turista" che finisce nella stessa cella per "circostanze avverse".

Le uniche parole di inglese che conosce le ha annotate in un taccuino.

Subito dopo Benigni organizza la fuga, i due lo seguono attraverso boschi, luoghi deserti, paludi infide apparentemente senza via d'uscita. E il "turista" Benigni tra l'altro non sa nuotare.

Gli inseguitori incalzano, provvidenziale è rifugiarsi dentro un bar, da dove Roberto non uscirà più: vi troverà l'amore.

Jarmusch ha avuto intuito, nell'offrire la parte a Benigni, perchè in breve diventa lui il principale interprete, sconvolgendo la sceneggiatura, fregandosene delle direttive del regista, parlando un inglese misto a italiano che induce spesso alla ilarità.

Diversamente, il film sarebbe stato particolarmente noioso.

Benigni era appena reduce del successo ottenuto con il fortunato "Non ci resta che piangere", gli mancava la chiave per aprire la porta del cinema internazionale, e con Daunbailò tutto fu più facile: Cannes, Locarno, New York, per iniziare. E poi una miriade di premi e riconoscimenti in tutto il mondo.

Per chiudere, ricordo la fotografia di Robby Muller, la musica di John Lurie (Jack) e le canzoni di Tom Waits (Zack).

 

 

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