Espandi menu
cerca
La città della gioia

Regia di Roland Joffé vedi scheda film

Recensioni

L'autore

millertropico

millertropico

Iscritto dall'11 ottobre 2010 Vai al suo profilo
  • Seguaci 32
  • Post 2
  • Recensioni 306
  • Playlist 1
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su La città della gioia

di millertropico
6 stelle

E' forse proprio questo La città della gioia il titolo che ha chiarito definitivamente le controversie fra i pro e i contro sul cinema di Roland Joffe e non certo in senso positivo.
Joffe appartiene sicuramente alla categoria dei registi che prediligono confrontarsi con tematiche sociali e politiche scottanti e dimenticate (e in questo è assolutamente encomiabile) ma trova difficilmente il passo giusto per incidere davvero, e spesso diventa semplicemente un patetico osservatore che cerca forse di riscattare nel racconto i propri sensi di colpa e quelli dell'intero occidente.
Gli era andata benissimo con il sopravvalutato Mission (sterminio degli indios) e se l'era cavata egregiamente con Urla dal silenzio (le atrocità commesse dai khmer rossi), ma questa volta parlando delle bidonville di Calcutta, proprio non ce la fa ad essere incisivo, e il film risente davvero della retorica espansa (per la verità anche un pò troppo "consolatoria") dei buoni sentimenti.
E' tratto, come ben si sa, dal libro omonimo di Lapierre (testimonianza diretta di una lunga e documentata esperienza in loco)  importante per molti versi (non ultimo quello di essere stato scritto per acquisire fondi a favore di una nobile causa, come quella del mantenimento e dell'istruzione dei bambini indiani alla quale si è dedicato per tantissimi anni), ma non mantiene purtroppo il tono tutto sommato "realistico" della scrittura. Ne esce fuori un film hollywoodianamente magniloquente ed enfatico, che ha soprattutto il difetto di riproporre il clichè a mio avviso fortemente usurato e soprattutto un pò sgradevole, del bianco "superiore" ma "umanitario" in questo quasi "celebrativo" trionfo dei buoni sentimenti e della forza di volontà.
Il protagonista è infatti un medico americano in forte ed evidente crisi esistenziale (i sensi di colpa a cui accennavo sopra) che in cerca di una personale redenzione morale, finisce per prestare la sua opera a favore di poveri e lebbrosi che cura ed "emancipa" (il classico yankee che insegna agli indiani la coscienza dei propri diritti e la giustezza della ribellione contro le ingiusitizie). Lo interpreta un Patrick Swayze decisamente non al meglio delle sue possibilità (le sue incitazioni alla rivolta contro mafia e tradizioni di casta, sono efficacemente e platealmente edificanti, ma  "epidermiche", nel senso che sono sicuramente pistolotti che possono far presa sullo spettatore, ma che si guardano bene dal ricercare, 'analizzare e denunciare seriamente le reali cause che generano queste inaccettabili differenziazioni classiste strettamente legate per altro alla complessità della realtà indiana che non viene sufficiente approfondita, Resta quindi poco più di una lezione un pò usurata di "esportazione" della libertà e di una democrazia più cosciente, fortunatamente privata e personale, realizzata questa volta senza il "ricorso alla forza"..
Sotto questo profilo, dunque risulta fortemente deficitario.
Per fortuna ci viene in parallelo raccontata anche l'odissea del contadino Hasari Pal (interpretato dall'ottimo Omu Puri).in cerca di solidarietà e di aiuto per poter mettere insieme una dote per la figlia. 
La sua traversata di Calcutta come uomo risciò, è decisamente la parte migliore del film., quella che ci riporta in qualche maniera a un a realtà più documentaria e meno oleografica di una condizione di vita, e ne nobilita così in parte il risultato. 

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati