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Egon Schiele

Regia di Dieter Berner vedi scheda film

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Fanny Sally

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La recensione su Egon Schiele

di Fanny Sally
5 stelle

Scialba e fredda biografia di uno degli artisti più controversi e originali del Novecento.

Riuscire a trasporre su pellicola le emozioni che sono capaci di suscitare delle opere d’arte e l’essenza dell’artista dal quale sono scaturite è sempre un’impresa tutt’altro che agevole. Lo è nel caso di opere e artisti universalmente noti, ma forse ancora di più quando ad essere messa in scena sono la vita e l’arte di personaggi poco popolari alla maggioranza del grande pubblico, che magari proprio grazie all’opera filmica potrebbe avvicinarsi ad essi.

 

Egon Schiele è stato senz’altro una delle figure più controverse e originali della scena artistica europea dell’inizio del Novecento, un uomo complesso e tormentato che nella sua turbolenta e breve esistenza (morì a soli ventotto anni per via della febbre spagnola) divenne uno dei massimi esponenti dell’espressionismo tedesco, lasciando in eredità ai posteri diverse centinaia di dipinti, oltre a disegni, fotografie e bozzetti, oggi suddivisi tra più musei e collezioni private in tutto mondo.

Il suo stile provocatorio e drammatico, caratterizzato dalla crudezza e spigolosità dei tratti e dall’ossessiva rappresentazione di corpi nudi, contorti e spesso sofferenti, scandalizzò la Vienna degli anni ’10, valendogli anche un breve soggiorno in prigione, a causa di accuse – poi non respinte – di molestie nei confronti di minori.

Suoi soggetti erano infatti soprattutto le donne, spesso anche giovanissime, e la pellicola, di produzione interamente austriaca, si concentra pertanto nel mostrare il rapporto problematico di Schiele con le controparti femminili che più segnarono la sua vita: la possessiva sorella Gerti, la libertina Moa, l’indipendente Wally e infine la fragile Edith, che sposò senza troppa convinzione, pur di sfuggire alla chiamata alle armi.

 

Gli incontri del pittore con queste donne si susseguono senza che la regia lesini troppo nel mostrarne le nudità (rigorosamente perfette, da modelle contemporanee), tuttavia quella passionalità quasi straziante che pervade i quadri dell’artista non si avverte mai con la stessa intensità. Tutto appare sin troppo freddo e anonimo, dalla sceneggiatura agli attori (forse si salva solo l’interprete di Wally, il cui ruolo è anche quello meglio scritto). La trama è scarna, l'approfondimento dei caratteri e del contesto storico (ricco di avvenimenti) resta sempre in superficie, senza scavare mai come invece riescono a fare quegli sguardi intensi e impressi su tela e carta da Schiele.

 

In aggiunta, l'attore protagonista è davvero scialbo e statico, esteticamente troppo curato e candido, non riesce a trasmettere con efficacia il tormento interiore dell’artista e la sua profondità, facendolo apparire solo come un ragazzo smarrito, introverso e squattrinato, che passa da una dimora all’altra, coltivando la passione per i ritratti di donne.

Perfino il momento della morte prematura è privo di qualsiasi pathos e in generale la freddezza e il distacco (di stampo tedesco, verrebbe da pensare) permeano tutta la visione che alla fine, salvo qualche suggestivo richiamo operato da regia e fotografia ad alcuni dei quadri più famosi, si rivela inconsistente.

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