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Boris Giuliano - Un poliziotto a Palermo

Regia di Ricky Tognazzi vedi scheda film

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La recensione su Boris Giuliano - Un poliziotto a Palermo

di lamettrie
6 stelle

Un film per la tv di livello decente e di messaggio eccellente: scarso per la recitazione, nonostante un discreto cast (bene Giannini junior, e qualcun altro), ma buono per tanti aspetti della sceneggiatura, e non solo. Ottime le ellissi che accompagnano l’annuncio ai familiari del decesso di Giuliano, per esempio.  

Buona la resa della vita quotidiana: impossibile a sostenersi per una persona onesta e che fa il bene della collettività, in modo coerente e profondo. Per forza uno così, come accadde per Boris Giuliano, deve vivere una vita quasi d’inferno, per via dei rischi per la sopravvivenza sua, e dei suoi familiari, nonché per la carriera, che sarebbero stati molto di meno se lui avesse fatto l’uomo di stato corrotto, e colluso con la mafia, come tanti suoi colleghi han fatto con successo.

La vita quotidiana è ben rappresentata anche nei costumi. Gli uomini benestanti appaiono ben vestiti, con panciotti e cravatte fini. Ma soprattutto nell’importanza dei figli, elemento centrale, specialmente nella visione della vita di questi personaggi della Sicilia di allora (si era negli anni ’60 e ’70).

Onesta, e corretta, è pure la rappresentazione degli ostacoli alle indagini che vengono da connivenze dello stato. Rappresentanti delle istituzioni sono spesso corrotti dalla mafia. Qui si citano personaggi dei massimi livelli, come Andreotti e i Salvo.

Poi si delinea bene la figura potenzialmente ambivalente del pentito: qui ci sono, e il soggetto ottimo di Pasquini fa bene a mostrarle storicamente, i riferimenti alla paradossale attendibilità dei pentiti meno credibili: psicopatici come Vitale e drogati dicono la verità (non perché non potrebbero non dirla, ma almeno perché storicamente in quel caso l’hanno detta), mentre i rappresentanti delle istituzioni la negano, la insabbiano, la depistano consapevolmente e volontariamente. Anche altri personaggi, senza esporsi pienamente, comunque diventano affidabili confidenti delle parti non marce delle forze dell’ordine: la loro coscienza (e in ciò sta il loro, pur parziale, merito), non può più sostenere l’appoggio alla criminalità.   

Il film mostra anche, giustamente, personaggi positivi delle istituzioni: non solo Giuliano, ma anche alcuni giornalisti, alcuni magistrati, e in particolare gli uomini scelti della sua squadra, che con intelligenza e coraggio da pioniere ebbe modo di mettere insieme per la prima volta, ottenendo risultati mai visti prima.    

Interessante è pure la critica a ciò che mediaticamente avvenne allora, tra il ‘63 e il ‘79, ben indirizzato dal potere politico, dominato dagli Usa, e quindi a monte indirizzato dal potere economico: il rivolgimento in terrorismo rosso di tutto ciò che non lo era, per screditarlo. Perfino gli attentati di mafia dovevano essere fatti passare per ben altro, come la minaccia comunista… Pazienza se era un consapevole falso storico, nonché un vergognoso buco nell’acqua: comunque la disinformazione conservatrice si è rafforzata, e l’obiettivo è stato raggiunto.

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