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La pericolosa partita

Regia di Ernest B. Schoedsack, Irving Pichel vedi scheda film

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La recensione su La pericolosa partita

di giurista81
8 stelle

Considerato l'anno di uscita, The Most Dangerous Game è un capolavoro di messa in scena e di tecnica. La RKO fa le prove generali per la produzione di King Kong, che arriverà l'anno dopo, e porta in scena una sceneggiatura tratta dal racconto assai breve di Richard Connell (lo trovate in italiano in diverse antologie curate da Alfred Hitchcock). James A. Creelman fa un buon lavoro in scrittura e adatta la storia sul soggetto originale, introducendo svariate modifiche. Si sostituisce, nei contenuti (non nella sostanza), l'inizio, proponendo un vero e proprio naufragio (anziché la caduta in mare del protagonista), peraltro realizzato con effetti speciali impressionanti (si parla di un film di quasi cento anni), dove entrano in gioco anche gli squali (montaggio abile col recupero di scene da documentari). Prolificano inoltre i personaggi (nel racconto ce ne erano quattro) e anche questo rende più credibile la storia che, altrimenti, avrebbe faticato a fare minutaggio. The Most Dangerous Game, infatti, è ai limiti del lungometraggio, avendo una durata prossima all'ora. Diverso è pure il finale, ma si tratta di variazioni che sviluppano la storia meglio di quanto abbia fatto il suo autore di origine. Pichel e Schoedsack (regista di Dr. Cyclops e coregista di King Kong) sono molto abili nella regia. Il ritmo del film è assai più sollecito del solito (per il periodo di riferimento), tanto che la pellicola è ancora moderna, se non fosse per le troppe dissolvenze utili al montaggio per cucire le parti tra loro. Sono infatti molto incisivi i movimenti di macchina (carrellate in avanti) per sottolineare l'animo malvagio del conte Zaroff (un quanto mai ispirato Leslie Banks) o le soggettive dei due protagonisti in fuga (i bellocci Joel McCrea e Fay Wray, la bella di King Kong) con la macchina da presa che apre la via tra la vegetazione. Eccezionale anche la fotografia e soprattutto le scenografie, in special modo quelle delle sequenze ambientate nella palude con tanto di coccodrillo. Impossibile non ricordare la nebbia soffocante e le ambientazioni boschive, forse ricostruite in studio, in cui penetrano i due fuggitivi braccati dalla muta di cani. Momenti da antologia cinematografica che fanno di The Most Dangerous Game un adrenalinico thriller d'avventura che sconta pochi difetti al passare degli anni. Tra questi vi è la coreografia delle scene di combattimento corpo a corpo (anche uomo cane), indubbiamente perfezionabili. Da lodare, a differenza di altre pellicole dell'epoca, il doppiaggio italiano: magistrale. Un ottimo prodotto dunque, un vero e proprio cult per gli animalisti che pone il cacciatore nella condizione della preda braccata e che avrà qualcosa come quattro remake, il primo dei quali diretto da Robert Wise. Ispirerà inoltre una serie di serial killer, quali Robert Hansen, Ivan Milat e persino lo Zodiac che, in una sua celebre lettera di sfida inviata alla polizia di San Francisco, scrisse che la cosa più soddisfacente era andare a caccia della preda più pericolosa: l'uomo. Un classico.

 

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