Di Il favoloso mondo di Amélie non piacciono: la voce fuori campo un po’ invadente; le sovrimpressioni, per esempio gli odiosi facciotti immortalati nella sequenza del sexy shop; il tono pittoresco che però è coerente con lo stile dell’autore, Jean-Pierre Jeunet. Di Il favoloso mondo di Amélie piacciono: Amélie; il “coro”, vale a dire la costellazione di personaggi che le gira attorno; le buone cose di pessimo gusto che saturano ogni inquadratura, dai bicchieri del Ricard ai portaceneri, dalle pinte semisferiche della Kronenbourg 1664 al nano da giardino. Ognuno può stilare la classifica che vuole. Pure questa potenziale interazione, il fatto che si possa giocare con il film come si tratti di un album delle figurine, spiega il suo fenomenale successo di pubblico, del quale si sorpresero gli stessi produttori. Quasi 10 milioni di spettatori in patria e un’accoglienza fino a quel momento impensabile all’estero. Nel 2002 si ritrova a essere il titolo francese più distribuito e visto al mondo di tutti i tempi.

Se escludiamo i blockbuster girati in inglese, quindi Il quinto elemento, Io vi troverò e Taken - La vendetta, ancora oggi solo Quasi amici ha battuto Amélie (e Giù al nord ma limitatamente all’Esagono). L’enorme riscontro popolare ha avuto sulla critica cinematografica (non solo francese) un effetto contrario sul quale vale la pena riflettere. Ha provocato un’idiosincrasia feroce, e il rigetto, secondo un processo psicologico vecchio come il cucco, molto riscontrabile anche in campo musicale o comunque, in generale, nella cultura di massa. Se l’outsider amato per le sue opere marginali, eccentriche, fuori dagli schemi (nel caso di Jeunet il vezzeggiato Delicatessen, realizzato nel 1990 con l’antico sodale Marc Caro) fa successo, è perché si deve essere venduto al mercato. Per questo sarà demolito negli anni a venire, fino alla damnatio memoriae. A Jeunet accade proprio così. La riprova è che quando nel 2009 esce in sala Micmacs à tire-larigot, tra i film francesi migliori del decennio, vengono scritte sciocchezze inenarrabili mentre in Italia lo si condanna a deriva certa affibbiandogli il titolo fuorviante di L’esplosivo piano di Bazil, che in tanti scambiano per il sequel televisivo del film d’animazione Basil l’investigatopo.

Con Amélie si raggiungono vette di inusitata miopia. Il film viene rifiutato dal Festival di Cannes, snobbato dalla stampa alla sua uscita salvo poi essere ripescato ai primi segnali di successo, ma per essere fatto a pezzi. Guida la cordata “contro” Serge Kaganski di “Les inrockuptibles”, che lo accusa di essere «lepenista» (sic). Questo perché la Montmartre della fanciulla è tutta all’insegna dei “français d’abord”: non un nero o una nera, non un beur (ci sarebbe Jamel Debbouze tra i protagonisti ma il giornalista fa finta di niente).

In verità, la ragazza interagisce quasi solo con uomini e donne anziani, in certi casi ultraottantenni, malandati e soli, legati alla nostalgia, alle Madeleine di un passato solo mitico, quello della douce France (per dirla con Trenet) fatto di Pastis e Gitanes, Gabin e Duvivier, fisarmoniche ed Edith Piaf, brasserie (il Café des 2 moulins dove lavora Amélie esiste davvero) e Simca 1100 (ma nel film, per ben tre volte, viene inquadrata una Punto rossa). Il senso del racconto dai colori pastello (dominanti il giallo, verde e rosso, in omaggio al pittore brasiliano Juarez Machado) è quindi tutto nel suo titolo: “favoloso” o “fabuleux”. Nessun confronto con la realtà perché «è una cosa a cui Amélie non tiene affatto», come dice il narratore. Si vuole dare a tutto questo un significato ideologico? Prego, divertitevi. Ma non toglieteci il piacere degli occhi.
Il film
Il favoloso mondo di Amélie
Commedia - Francia 2000 - durata 122’
Titolo originale: Le fabuleux destin d'Amélie Poulain
Regia: Jean-Pierre Jeunet
Con Audrey Tautou, Mathieu Kassovitz, Rufus, Yolande Moreau, Dominique Pinon, Serge Merlin
Al cinema: Uscita in Italia il 11/05/2021
in streaming: su MUBI MUBI Amazon Channel Timvision Apple TV Google Play Movies Rakuten TV Amazon Video
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