Nessuno come Linklater

Il professionismo è una virtù che troppo spesso si tende a sottovalutare o dare per scontata. Svolgere un lavoro su commissione, scritto da altri, e trovarsi dietro la macchina da presa quasi per caso, con il dovere di assimilare tempi e modi di lavoro con cui si ha poca familiarità, resta un banco di prova per veri duri. È quanto accaduto a Richard Linklater, la scelta più improbabile per una commedia per famiglie come School of Rock.

Pur dovendo gestire l’istrionismo di Jack Black e la spontaneità di ragazzini prodigio pescati in giro per gli States, il regista di Boyhood e Prima dell’alba confeziona un veicolo mainstream così ben oliato da incassare più di tutto il resto della sua filmografia messo insieme e generare musical e revival a decenni di distanza. Ma sotto la superficie conciliante nello script di Mike White (The Good Girl) cova un cuore slacker, con un protagonista incapace di invecchiare e mettere la testa a posto, che sceglie la via più anomala per coronare il proprio sogno.

School of Rock è la canonizzazione del genere musicale che fu di Chuck Berry e Little Richard. E quindi la sua morte, celebrata in un giocoso funerale, in quel 2003 che rappresenta l’ultimo colpo di coda (via Jack White) dell’antica egemonia delle chitarre elettriche. E se a Linklater è stata concessa la libertà creativa del suo ultimo scorcio di carriera buona parte del merito si deve al successo di School of Rock.

Il film