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Stroncature, dove sono finite?
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L’altra sera mi è venuta voglia di vedere Suspiria di Luca Guadagnino, un po’ per colmare una lacuna, un po’ perché pensavo che sarebbe stato interessante come preparazione per ritornare sul Suspiria di Argento che arriva nelle sale italiane in questi giorni nella versione restaurata dal direttore della fotografia Luciano Tovoli.

Dopo una certa fatica e un notevole dispendio di energie per stare dietro ad una storia che:
1. si aggroviglia parecchio
2. cita e de-costruisce l’opera prima di Dario Argento mettendo in campo una totale rilettura del rapporto tra carnefice, vittima e colpa
3. come sostiene Giulio Sangiorgio nello speciale dedicato al film di Guadagnino pubblicato su Film Tv 01/2019 che potete leggere integralmente e gratis qui, sposta sul “testimone” psicoanalista Klemperer il peso del “delitto più demoniaco del nazionalsocialismo”
4. addossa sulle spalle di Tilda Swinton due ruoli centrali e quasi speculari
5. cerca di rappresentare attraverso la danza/tanz "la grandezza politica di quei movimenti artistici che negli anni 60 e 70 monitorarono, furibondi, la sopravvivenza del terrore fascista ben dentro le strutture democratiche" (Roberto Silvestri, sempre nello speciale di Film Tv).
6. sì, nel Suspiria di Guadagnino, c'è davvero tanta roba.

Insomma, dopo tutto questo, finisco il film cercando di mettere ordine tra i tanti piani di lettura di un film che non mi è davvero piaciuto ma anche chisseneimporta e mi dirigo qui sui filmtv.it a curiosare un po’ tra le recensioni, lanciandomi a capofitto nella lettura di diversi testi, incluse un paio di velenose stroncature.

Ed è stato lì che ho realizzato che, di stroncature, non ne leggo più molte. E sottolineo “non ne leggo”, non perché manchino, sia chiaro. Ce ne sono, anche recenti, e, quando sono ben argomentate, le stroncature riescono a produrre anche interessanti corto-circuiti rispetto a molte recensioni positive in cui ci si rimbalza cortesi scambi di complimenti. Insomma, sta di fatto che di stroncature non ne leggo. Allora ho pensato che forse non ne leggo perché non ne voglio leggere. E non ne voglio leggere perché il mio uso di voti e recensioni è ormai legato a doppio filo al desiderio di scoprire cosa vedere, non di scoprire cosa evitare. Per questo, probabilmente, il mio occhio di spettatore va istintivamente a poggiarsi sulle recensioni al di sopra delle 4 stelle. Meglio se vengono da critici/spettatori/utenti di cui ho stima o che stimolano la mia curiosità.

Un meccanismo che, suppongo, si sia innestato in me gradualmente a causa di una offerta quantitativamente straripante a cui si associa una medietà qualitativamente assordante. Due elementi che mi lasciano la costante impressione di essere sempre alla ricerca di spunti che mi mettano sulla strada di cose belle e meno conosciute per snellire un processo di selezione che, tra abbondanza e medietà, è diventato sempre più faticoso.

Poi, certo, se vedo un film molto popolare che offre giudizi discordanti mi posso anche dilettare a leggere opinioni di segno opposto ma in linea di massima fatto 100 il mio uso complessivo, da spettatore, di filmtv.it almeno 80 è dedicato al processo di selezione delle cose che vedrò e un risicato 20 all’approfondimento di ciò che ho visto.

Credo sia una conseguenza strutturale dello slittamento costante da una modalità di visione che era improntata alla scarsità (il cinema in sala ma anche il palinsesto tv) verso una modalità caratterizzata dalla sovrabbondanza.

Della sparizione delle stroncature si è parlato molto in ambito letterario. Anche recentemente, in un articolo sull’Economist, il fenomeno è stato descritto come un’inflazione endemica di giudizi positivi. Naturalmente internet sembra essere il principale colpevole anche di questo fenomeno. La carenza di spazio dedicato alla critica letteraria sui giornali ha finito per spostare il focus sulla ricerca della sorpresa, del capolavoro e dell’imperdibile senza dilungarsi troppo sull’evitabile.

Fino all’epoca pre internet i critici più impegnati e severi, inoltre, erano anche protetti dall’anonimato. Nell’epoca degli influencer e dei social questa sembra una chimera. Personalmente non la difendo, né rimpiango, ma sicuramente oggi internet rende tutti rintracciabili e attaccabili e per molto meno si viene messi alla gogna. Se dovessi andare indietro nel tempo a cercare delle responsabilità, per usare una parola grande e volutamente esagerata, penso che si dovrebbe riguardare con attenzione alla nascita del famoso Oprah's Book Club attraverso il quale la star Oprah Winfrey (qui lo spiega bene Il Post) selezionava un’opera letteraria che consigliava alla sua audience e che, spesso, finiva per vendere centinaia di migliaia di copie. Sostanzialmente Oprah aveva inventato il concetto di influencer, ma nel 1996, venti anni prima che gli influencer prendessero in ostaggio i social.

Sempre restando in ambito letterario, come riporta ancora l’Economist, nella sola Gran Bretagna nel 2022 sono stati pubblicati 420 nuovi libri al giorno. È ovvio che l’esplosione della produzione editoriale abbia come conseguenza un cambio paradigmatico: visto che non è possibile recensire tutto quello che esce, deve essersi innestata nella critica la consapevolezza che il servizio più utile da dare ai lettori sia una selezione di recensioni positive su ciò che vale la pena leggere. Salvo pochi sparuti casi di recensioni negative sui libri di cui tutti parlano e sui quali entrano in gioco altri fattori.

Ora mi pare che l’avvento e la proliferazione delle piattaforme in abbonamento stia producendo gli stessi effetti anche nel mercato di film e serie, considerando quanto tempo è necessario dedicare al processo di scelta prima ancora che alla vera e propria visione.

Nel nostro piccolo mi son preso lo sfizio di fare una piccola verifica interna, sicuramente empirica ma concettualmente valida. Essendo filmtv.it una community di spettatori attiva anche nella scrittura di commenti e recensioni, ho potuto verificare che, ad esempio, nel 2015 fatte 100 le recensioni degli utenti, circa il 25% erano di segno decisamente negativo (una o due stelle su cinque) mentre nel 2023 la percentuale delle negative è scesa al 15%. È interessante questo dato perché gli utenti di questa community si trovano in una posizione intermedia tra essere spettatori ed esercitare la critica e quindi una analisi del loro comportamento aggregato può dare delle indicazioni utili su un doppio fronte: quello delle motivazioni da cui si è animati e quello dei bisogni ai quali assolvere.

Un altro fattore che può intervenire ad alimentare questo evidente slittamento, è che il pagamento degli abbonamenti favorisce gli abbandoni. Se una roba non ci convince la lasciamo perdere e la sensazione che a distanza di un solo clic si possa velocemente iniziare qualcos'altro ci spinge a non titubare più di tanto per stare dietro ad un film che non ci cattura (con le serie è ancora peggio, ovviamente) inibendo, giustamente e per fortuna, l’eventuale scrittura di un qualsiasi commento sommario, incompleto e probabilmente di segno negativo.

È possibile che questo switch nelle logiche del consumo stia anche determinando uno switch nelle priorità della critica professionale?

Su Film Tv, ad esempio, i film che vengono affrontati attraverso il caratteristico Perché si/Perché no sono sempre meno. Non perché manchino i titoli sui quali si possa innestare il dibattito ma perché mantenere la missione di recensire tutto quel che arriva in sala, anche se per un solo giorno in 2 sale sull’intero territorio nazionale, nel momento in cui escono tra i 10 e i 20 film alla settimana finisce per occupare molte risorse e spazi. Ed è anche questa, chiaramente, una risposta al passaggio dalla scarsità all’abbondanza.

Le recensioni negative e le stroncature su Film Tv di certo non mancano, si tratta di critici molto rigorosi che non lesinano giudizi onesti e diretti e che non hanno la minima ambizione di diventare influencer ma, soprattutto nelle pagine che orientano le scelte sulle piattaforme, è inevitabile che si cerchi di utilizzare lo spazio per consigliare prodotti reputati buoni piuttosto che per sottolineare prodotti giudicati scadenti.

Questo meccanismo, infine, è anche il riflesso di un cambiamento strutturale delle logiche economiche: la disintermediazione provocata dalla rete ha messo in evidenza il fatto che esiste una potenziale audience per (quasi) qualsiasi prodotto, anche il più piccolo e marginale. Quindi, forse, quando lo si affronta con una recensione, viene fuori la necessità di esercitare una critica consapevole, utilizzando un codice che sia familiare alla nicchia a cui il prodotto si riferisce. Un meccanismo che potrebbe avere l'effetto di muovere i voti medi verso l'alto.

Ma le stroncature, quindi, dove sono finite? Le trovate segnalate in fondo alla newsletter di questa settimana (se non la ricevete potete vederla qui). A partire da quella su Suspiria di Guadagnino, ovviamente. E poi, le altre, su film popolari usciti nel 2023.
Ma non solo, c'è anche un coniglio.

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