Espandi menu
cerca
L'aria che tira
di Redazione
post
creato il

L'autore

Redazione

Redazione

Iscritto dal 20 novembre 2012 Vai al suo profilo
  • Seguaci 229
  • Post 500
  • Recensioni 1
  • Playlist 1098
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi


Alla luce delle ultime notizie che riguardano il futuro, anzi il presente, del rapporto tra le istituzioni e il cinema italiano, questa settimana pubblichiamo qui (e nella nostra newsletter) due contributi che vengono direttamente dal settimanale Film Tv e che affrontano, il primo, la politica con cui vengono ripartiti i soldi ministeriali destinati a festival, premi e rassegne e, il secondo, i ventilati tagli dei finanziamenti al sistema industriale cinematografico italiano e le reazioni scomposte di certa stampa che coglie l'occasione per scagliarsi contro nemici antichi, a sproposito. Il tutto mentre il ministro Sangiuliano continua nella sua opera di smantellamento/rinnovamento nominando Pietrangelo Buttafuoco come nuovo presidente della Biennale di Venezia, una decisione che molto probabilmente si tradurrà in ulteriori cambiamenti nelle varie sezioni di cui si occupa la Fondazione tra le quali naturalmente c'è anche il cinema e la relativa Mostra.


Cercare un criterio
Pubblicate le graduatorie dei finanziamenti ministeriali a festival, premi e rassegne. Una traccia precisa della politica culturale italiana. Una di quelle prove provate dello status quo di cui nessuno scrive, per timore di effetti collaterali su carriere - quelle di giornalisti cinematografici, critici e programmer - d’estrema precarietà. Lo facciamo noi.

Primeggia, come d’abitudine, Giffoni, con 950 mila euro, a cui assommarne 50 mila per Giffoni Macedonia. Poi ci sono i soliti noti, a cominciare dall’impero di premietti di Pascal Vicedomini, che s’intasca 210 mila euro per Capri Film Festival (60 mila in più del 2022), 200 mila per il Global Film Festival di Ischia (50 in più) e 95 mila per il Los Angeles, Italia Film Festival. Anche le premiate ditte dei fratelli Casadonte aumentano la loro rilevanza, con il Magna Græcia Film Festival che celebra i suoi 20 anni (e 17 film in programma, la maggior parte dei quali già usciti in sala) con 250 mila euro, a cui aggiungere 100 mila per il Magna Graecia Experience III (rassegna dedicata agli studenti) e 25 mila per il premio Fondazione Mimmo Rotella. La Agnus Dei di Tiziana Rocca si porta a casa 100 mila euro per Filming in Italy in Sardegna 2023, 80 mila per Filming Italy Best Movie Award, 120 mila per Filming Italy Los Angeles, 80 mila per Filming Italy Il cinema incontra l’arte. Tutto si può dire, ma non che questi eventi promuovano il cinema come ricerca, storia, linguaggio. Al limite come evento culturale, pretesto mediatico, passerella.

Gerarchie dadaiste
Si escluda da questo discorso l’intelligente rilancio di Bellaria a opera della startup Approdi, che lascia al palo festival di simile qualità e misura e si garantisce un futuro roseo con 100 mila euro in più rispetto ai 60 dello scorso anno, finendo nella fascia alta del reddito (anche in queste tabelle non esiste la classe media) con un programma lodevole dedicato al cinema indipendente italiano (parola chiave, che non vale per Presente italiano di Pistoia, non finanziato). La gerarchia che si viene a creare mettendo in ordine i finanziamenti è dadaista, se si valutano i programmi: il Festival del cinema e della televisione di Benevento e il Comicon di Best Movie (120 mila euro a testa) valgono praticamente quanto le Giornate del cinema muto (135 mila) e la Settimana della critica (130 mila), festival storici come quello di Trieste (25 mila euro) contano metà di rassegne tanto lanciate nel futuro da non essere tracciate nemmeno da un proprio sito online (il Festival delle opere interattive, 50 mila euro), eventi con quattro film e tanti incontri sotto il sole come Marettimo (60 mila euro) contano quattro volte eccellenze d’alto livello come il Sicilia Queer di Palermo (15 mila).

Non si tratta di separare il bene dal male, ché ogni festival e rassegna ha un suo specifico, un suo perché, un suo valore territoriale indiscutibili, ma di capire: che i film per il governo sono strumenti per eventi ulteriori, che la commissione non valuta la qualità cinematografica dei programmi ma fattori differenti, che il mestiere del dirigente di un festival è soprattutto politico, non cinematografico. Che dire? Orgoglio italiano.

Giulio Sangiorgio su Film Tv n. 43
---------------------------------------------


Cinemopoli
Alzata di scudi contro il ministro Sangiuliano - che nel frattempo ha designato Pietrangelo Buttafuoco presidente della Biennale di Venezia - dopo la sua lettera al ministro Giorgetti («Caro Giancarlo») intercettata dal quotidiano Domani lo scorso 18 ottobre, nella quale si dice pronto a tagliare 100 milioni di euro dal Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo. Più realista del re il ministro della cultura, che poi fa parziale marcia indietro («faremo solo un piccolo taglio») salvo scatenare la difesa d'ufficio dei giornali di destra, i quali riesumano un nemico antico e “desinistra”: il cinema italiano assistito. Quindici anni fa furono Feltri e Brunetta a firmare il libro (scritto da altri) Profondo rosso («come la sinistra ha costruito l'egemonia sul cinema italiano» ecc. ecc.) denunciando la «sprecopoli», e certo fa specie che allora come oggi ci sia Rutelli in copertina (“desinistra” giusto per quelli di destra, diciamolo).

Chi paga i registi
Tutto torna d'attualità con l'affondo di Giorgio Gandola su La Verità («Dentro la mangiatoia cinema»). Articolo esemplare, il suo, per fare un po' di cagnara su una cosa scrivendone un'altra. Si denuncia, in titoli e infografiche, la stipendiopoli dei registi foraggiata da Pantalone ma si ammette tra le righe, sperando che l'indignazione d'area svii la comprensione del testo, che ad esempio Guadagnino e Gabbriellini a pagarli per la serie We Are Who We Are sono i produttori. Ovvero HBO e Sky, non lo Stato. 

Troppi prodotti?
Questa però non è una difesa d'ufficio del comparto, che ha problemi evidenti di sovraproduzione – per quanto riguarda i film – e sproporzione – per quanto riguarda i finanziamenti ai festival, come evidenziato da Giulio Sangiorgio qui sopra. Una sola commissione di 15 membri, benché suddivisa in 4 sottocommissioni sui temi specifici, è chiamata a decidere il contributo selettivo di circa 50 milioni di euro all'anno “alle opere cinematografiche e audiovisive e alle domande di contributo alla promozione”, nelle quali rientrano appunto anche i festival (si tratta di una voce del famoso Fondo di investimento). Da implementare il filtro alla domanda di finanziamento pubblico (2500 circa all'anno sono francamente troppe) e da aumentare i criteri di valutazione, ma per la terza cinematografia storicamente più importante del mondo (ripeto: storicamente) 50 milioni di euro all'anno di investimento pubblico non sono una cifra esagerata. Il problema quindi non è il quanto, ma il come. Risolviamolo, dai.

Mauro Gervasini per Film Tv n. 44
----------------------------------------------

In copertina una immagine di We Are Who We Are, una delle serie tv che sono state usate da La verità come esempio di "Maxistipendi ai soliti registi e soldi a film senza spettatori". Annotiamo, per puro spirito di osservazione, che tutti i prodotti indicati nell'infografica a corredo dell'articolo sono... serie tv.

Ti è stato utile questo post? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati