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Sulla terra ancestrale dei Tonga, dei Tataviam e dei Chumash si è tenuto nella notte tra domenica e lunedì un evento importante. Voi pensavate fosse Hollywood e invece no. Ce lo ha ricordato Taika Waititi Cohen - regista e sceneggiatore di Jojo Rabbit - che nel momento in cui ha ricevuto l’Oscar per la miglior sceneggiatura non originale, ha voluto porgere un rispettoso saluto alle tribù che abitavano un tempo quelle terre. Da un neozelandese di padre maori - parlando di fronte a una platea di eleganti signori in buona parte discendenti da chi ha perpetrato un genocidio - questo riferimento ai nativi americani ci sta. E poi è storia mediamente recente: leggo che gli ultimi a parlare la lingua uto-azteca dei Tataviam sono morti all’inizio del secolo scorso. Certo sarebbe diverso se sul palco di Sanremo arrivasse uno che ringraziasse gli Ingauni e gli Intemeli, antichi popoli liguri: ma ci arriveremo, state tranquilli che ci arriveremo.

 

 

Mai come questa volta i due eventi, la notte degli Oscar e Sanremo - lontani nello spazio e quest’anno vicinissimi nel tempo -, hanno dimostrato l’imperante bisogno che soverchia chiunque abbia davanti a sé una platea: lanciare un messaggio. Positivo, valido, utile, necessario. Lo chiamano “politicamente corretto". Brad Pitt ha dato addosso a Trump (molto politico, forse poco corretto). Joaquin Phoenix, mai così confuso, ha inneggiato alla natura; Natalie Portman ha indossato un cappello con su i nomi delle donne registe i cui film non hanno ricevuto nomination. C’è chi ha parlato del cambiamento climatico, chi della necessità di indossare sete eco-responsabili. Anche se guardiamo a Sanremo abbiamo una varietà di temi di rilievo: Piero Pelù è andato a raccogliere rifiuti in spiaggia, poi si è scritto sul petto “tu 6 molto di +” riferendosi alle donne, visto che - come sapete bene - il grande tema che ha dominato il festival di Sanremo è stato quello della violenze sulle donne. Poi ci sono stati Benigni con il Cantico dei cantici letto anche in chiave omosessuale e tanto altro ancora che è quasi superfluo ricordare. Tutti temi corretti, sacrosanti: l’ambiente, il patriarcato, la parità di genere, i diritti, le minoranze. Non vi sono dubbi (almeno da queste parti) sul fatto che questi siano temi fondamentali e che siano tra le emergenze sulle quali occorre battersi.

Ma non sono certo io il primo a notare uno stridore tra l’importanza dei temi e le circostanze (e i portatori) della loro divulgazione. Se scrivo su Google “politicamente corretto Sanremo” o “politically correct Oscar ceremony” trovo diversi articoli: cambiano i riferimenti ma il tono è sempre un po’ lo stesso e simili sono le argomentazioni. Il senso che emerge da queste voci critiche è sostanzialmente evidenziare l’ipocrisia. Si predica - scrivono - da ogni pulpito occasionale, perché va di moda predicare, perché va di moda presentare un pensiero presentabile, allineato. Corretto appunto. La sensazione è che i temi dell’emergenza diventino "temini", i pensieri “pensierini”: scrivi un pensierino su [la mamma | l’ambiente | le donne | il sesso | la parità | i generi]. Poi leggilo ad alta voce davanti ai compagni.

Non voglio iscrivermi nella lista di chi butta via il bambino con l’acqua sporca. Molti di quelli che inneggiano all’ipocrisia sotto sotto sono animati dalla tentazione di screditare la necessità che di queste cose si parli e che la coscienza collettiva maturi nel loro riguardo una vera responsabilità: profonda, etica. Ma mi domando se questa esplosione di correttezza faccia davvero buon gioco ai temi che difende. Mi domando se Eni + Silvia sia davvero meglio. Mi domando se da questo bombardamento di messaggi prodotti da persone o istituzioni poco credibili e in situazioni fuori logo sortisca la possibilità che i valori vengano accolti e condivisi. Non è una domanda retorica. È un vero dubbio. Magari invece il bombardamento serve, Magari c'è qualcuno - lo dico senza alcuna ironia - che viene influenzato da Piero Pelu e va bene così.

Comunque visto che questa newsletter è un piccolo palcoscenico anche io ne approfitto e, nel ringraziarvi per l'attenzione, lancio il mio messaggio, anzi due, e vi confermo - che ci crediate o no - che cerco di praticare quotidianamente le cose che ora vi propongo. La prima è sorridere per strada quando si incontra lo sguardo di uno sconosciuto. L’altra è - se alla guida di un mezzo qualsiasi - fermarsi sempre con largo anticipo alle strisce pedonali. Credo che se praticate con costanza e coerenza da tutti porterebbero a straordinari risultati. 

 

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