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In viaggio con Sviatoslav Richter - Ricordi personali nel centenario della nascita
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Il 20 Marzo di cento anni fa nasceva a Zhitomir (Ucraina) Sviatoslav Richter, uno dei più grandi pianisti della storia.

È certamente inutile che mi metta a parlare nel dettaglio del maestro, la cui statura artistica può considerarsi meravigliosamente riassunta con le seguenti poche, esaustive righe di Heinrich Neuhaus, il suo grande maestro:

 

[...] Io conosco e amo, apprezzo e stimo decine di magnifici pianisti contemporanei, ma il mio sentimento e il mio ragionamento mi dicono: eppure Sviatoslav Richter è il primo tra i suoi pari. Una felice combinazione di uno spirito potente (superpotente!) con la profondità, la purezza dell'animo (vera castità!) e con l'estrema perfezione dell'esecuzione costituiscono davvero un fenomeno unico. […] Nella sua testa che ricorda le cupole di Bramante e di Michelangelo, tutta la musica, tutta la splendida musica è cullata come il Bambin Gesù tra le braccia della Madonna di Raffaello.

[...] A proposito, Richter non è solo musicista, ma anche un pittore molto dotato; egli ha disegnato e ha dipinto molto, senza mai studiare professionalmente. Alcuni dei nostri migliori vecchi artisti mi dicevano che se egli avesse dedicato la propria vita alla pittura, allora anche in essa avrebbe raggiunto la stessa altezza che ha raggiunto nell'ambito del pianismo.

[...] Egli è un uomo dotato nella stessa misura della visione, come dell'udito, e si tratta di una combinazione assai rara.

[Heinrich Neuhaus: Riflessioni, memorie, diari – Sellerio editore, pag. 278-279]

A ciò, si potrebbe far seguire la visione del celebre documentario di Bruno Monsaingeon...

... integrandolo con le interessanti notizie riportate nell'imprescindibile blog di Corrado Grandis dedicato al maestro, con interventi dei migliori richteriani cpme Giorgio Ceccarelli Paxton e il maestro Valerij Voskobojnikov.

Sviatoslav Richter Blogspot - di Corrado Grandis

 

Qui vorrei piuttosto ricordare il mio rapporto col maestro dal mio punto di vista di ascoltatore e ammiratore, in forma di racconto autobiografico.

Il mio primo vero incontro con l'arte di Richter avvenne nel negozio Ricordi della mia città, quando avevo circa sedici anni. Avevo rubato novantamila lire ai miei genitori col proposito di comprarmi un cofanetto di una decina di lp in cui Arthur Rubinstein interpretava praticamente tutto Chopin. Quel giorno, però, incontrai per caso il marito della mia insegnante di piano, che era amico del maestro. Mi distolse da Rubinstein ("nonostante sia un gigante", chiarì), per non farmi correre il rischio – ero molto giovane - di formarmi un'idea a senso unico del grande compositore polacco. Tirò fuori dalle file degli lp in negozio un DG "Resonance" in cui Richter eseguiva Chopin (Studi op.10 n.1 & 12, Ballata n.3, Polacca-fantasia) e Debussy (Estampes e tre preludi), descrivendolo, mentre me lo porgeva, con le parole "Questo è un disco prezioso".

Debussy: Estampes, n.1: Pagodes

Lo presi perchè avevo fiducia cieca in quell'uomo, ma dopo averlo ascoltato comodamente a casa, dapprima rimasi deluso del suono monocorde. Quello di Horowitz, cui mi ero abituato, mi sembrava certamente più ricco di colori. Pochi giorni dopo, però, l'ascolto fece evidentemente il suo effetto. Il prof. di matematica mi aveva sbattuto fuori dalla classe, e in quel corridoio nella penombra – mentre meditavo vendetta contro il suo ardire – mi sembrava di ascoltare e di vedere quei suoni. Monocordi, magari, ma il disegno musicale era così forte che dimenticai del tutto il suono per concentrarmi sulla musica. Tutto il corridoio mi sembrava pervaso dallo studio in do minore di Chopin. Finii praticamente subito col preferire la versione di Richter.

A questa incisione meravigliosa, seguì l'ascolto di quella dei 13 preludi di Rachmaninoff scelti dal maestro (che non amava le integrali),

Rachmaninoff: Preludio in si bemolle minore, op.32 n.2

poi la scelta dagli Etudes-tableaux dello stesso autore che figuravano nel medesimo cd jvc con quattro brani di Tchaikovsky.

Il quadro in copertina è dello stesso maestro.

Rachmaninoff: Etude-tableaux in si minore, op.39 n.4

Siccome studiavo il piano, ero scadente e come se non bastasse ero anche un perfezionista, quando venni a sapere dal libro di Neuhaus che la mano del maestro poteva prendere con facilità una dodicesima, fui colto da un complesso di inferiorità. Mi convinsi che pure Gilels, Horowitz e tutti questi pianisti leggendari dovessero avere mani enormemente grandi. Sbagliavo, perchè la mano di Horowitz misurava più o meno quanto la mia, mentre mi fu riferito dal mio maestro che l'aveva conosciuto bene che la mano di Gilels era sicuramente più piccola della mia. La mia mano sinistra è più grande rispetto alla destra, con questa al massimo riesco a prendere a malapena, non in velocità ma preparando prima l'attacco delle dita, undici note, quindi una decima comoda. Con la destra, invece, una decima meno comodamente. Fu un'idea che mi tormentò per anni, ed alcuni mi chiesero come mai non fossi altrettanto preoccupato per le dimensioni di altre parti del corpo!

Chopin: Studio in do diesis minore, op.10 n.4

 

Chopin: Mazurka in la min op. posth.

Per conoscere la statura di interprete di Richter, considero imprescindibili alcune sue registrazioni. Ognuno di noi fanatici, ha le proprie: sto proponendo alcune tra le mie preferite, non necessariamente le sue migliori.

Fra le sue massime realizzazioni personalmente ritengo ci sia la sonata n.29 op.106 “Hammerklavier” di Beethoven, che mi ha tenuto impegnato per anni. Dal mio primo ascolto del disco di Wilhelm Kempff, ascolto ripetuto alcune volte, non ricavai poi molto. Ma avevo dodici-tredici anni, e neanche un passato fatto di ascolti di classica, visto che mio padre ascoltava soprattutto jazz. Ero cresciuto con Louis Armstrong, Benny Goodman, Dave Brubeck tra gli altri. Un certo orecchio però col jazz me lo ero fatto, oltre al vuoto intorno, ascoltando maniacalmente alcuni pezzi. 

Beethoven: sonata n.29 in si bemolle maggiore, op.106

 

Schubert lo ritengo ovviamente imprescindibile, nonostante alcune critiche cui è stato fatto oggetto. C'è solo l'imabarazzo della scelta, oppure di scegliere una esecuzione piuttosto di un'altra.

A proposito di Schubert, dal vivo ascoltai il grande pianista tre volte (ma in verità desideravo soprattutto poterlo conoscere). La prima volta fu al conservatorio di Genova, dove eseguì la Sonata in sol maggiore D.894. Ma per dirla tutta non c'era bisogno che Richter suonasse bene, e forse neppure che suonasse: avevo un tale mal di testa da scoppiare, mi è accaduto sempre così ai suoi concerti (anche ai primi che ascoltai del Quartetto Borodin), l'emozione di vederlo dal vivo era troppo, per me.

Il 26 Gennaio 1989, data del concerto, non ci fu verso di farmi invitare dalla mia ex insegnante, per la quale si decise al grande evento, e alla quale telefonai varie volte. Decisi però che in un modo o nell'altro sarei entrato, e andai ugualmente. L'insegnante non pensò minimamente a farmi entrare quando mi vide in attesa, e quando sarebbe bastata una sola parola. Dovetti rimanere fuori dall'edificio insieme aa alcuni allievi, soprattutto ragazzini. Quando questi se ne andarono, il custode permise a me e ad una signora di entrare. Il primo tempo della grande sonata di Schubert stava finendo. Non avevo mai sentito dal vivo un simile suono di pianoforte, di una bellezza irreale, come in quel secondo tempo coi suoi scoppi tempestosi alternati ai momenti lirici.

 

 

Quello che colpisce dell'interpretazione di Richter del monumentale primo tempo (sotto le sue dita dura 28 minuti contro i circa 15-20 soliti) è che viene messo in evidenza il carattere di meditazione di detto brano. L'indicazione “Molto moderato e cantabile” è, secondo me, eseguita individuando il vero carattere del brano (ovviamente anche altre letture sono possibili). La paura di perdere la fisionomia melodica a causa di un tempo davvero molto moderato era inesistente per il maestro: se la fisionomia melodica andava perduta, rimaneva una pura meditazione sonora, qualcosa di inaudito, e le critiche nei suoi confronti, davanti ad una simile visione, per me sono semplici sciocchezze.

Schubert: Sonata in sol maggiore, D.894

Vedere il maestro al piano fu un'emozione enorme. Dopo il concerto, non riuscivo quasi neppure a parlare, tantomeno chiesi l'autografo che avrei desiderato ad una persona che entrava e usciva con cautela dal suo “camerino”, e che era mio amico.

In più, ero piuttosto arrabbiato per essere rimasto fuori all'inizio.

Lo vedemmo andar via nella cinquecento bianca della mia insegnante: faceva ciao con la mano.

Il programma completo era questo:

Schubert: Sonata D.894 op.78

Webern: Variazioni op.27 (Variationen für Klavier)

Szymanowski: 2 Metopes op.29 (L'Île des Sirènes e Calypso)

Bartok: 3 Burlesques op.8

Hidemith: ″1922″ Suite für Klavier op.26

Poi l'ascoltai a Chiavari, per la seconda volta, il 16 Marzo 1990: Mozart, Chopin e Debussy (Ravel come bis). Per prendere il biglietto, mi alzai alle quattro del mattino, temevo che già quattro ore prima delle nove, orario di vendita dei biglietti, potesse esserci gente in coda. Invece aspettai tre ore circa da solo, finchè conobbi Giovanni, che da allora divenne mio amico, anche lui arrivato prima dell'apertura, ma solo di un'ora. Entrammo a prendere i biglietti che c'eravamo solo io e lui, e alla piccola coda si aggiunse all'apertura, mi pare, una signora.

Andai a scuola due ore dopo, ma non osarono dirmi niente. Inoltre, mi avevano già “steccato” e omai sapevano che parlarmi era inutile. Ero andato a prendere il biglietto per Richter, e ciò doveva bastargli, miserabili topi!

 

Mozart: Sonata K.333

Chopin: 2 Improvvisi op.36 e 51, Trois Nouvelle Etudes op.posth.

Debussy: 7 Studi (nn.1, 2, 3, 4, 8, 10, 12), 4 Preludi libro II (nn.9, 10, 11, 12)

bis Debussy: Preludio 2° dal Libro II e "L'Isle joyeuse"

bis Ravel: "La Vallée des cloches" (Miroirs No.5)

Mozart-Grieg: Sonata in do maggiore, K.545 (con Elizabeth Leonskaja)

Anche a Chiavari ebbi mal di testa, di nuovo talmente esaltato di avere Richter lì sul palco che mi sono spesso chiesto se io abbia davvero ascoltato quei concerti. Anche a Chiavari non potei conoscerlo, e chissà perchè, imperdonabilmente, follemente, non andai ad ascoltarlo a Savona due giorni dopo. Forse non mi ero ancora riavuto dall'emozione, e del resto a cosa sarebbe servito riascoltarlo, se non a farmi venire un mal di testa anche peggiore?

Nel concerto a Santa Margherita del 28 Gennaio 1991, il terzo e ultimo che ascoltai, organizzato in un albergo, gratuito come quello al conservatorio e dedicato agli allievi della mia insegnante e del quale non ero stato avvisato (io non ero più suo allievo, lessi del concerto il mattino stesso o il giorno prima, non ricordo), trovai posto, nella sala ancora vuota, nella seconda fila di seggiole: era una sala conferenze, e non c'era un palco. Il piano era sistemato a livello del pavimento, come noi, ed era vicinissimo come in un salotto di casa. La mia ex insegnante ed il marito (un uomo che adoravo) erano nella fila dietro di me. Il programma fu tutto dedicato a Bach. Richter era così vicino, che potevo quasi toccarlo. Alla fine del concerto, mentre ancora scrosciavano gli applausi, un ragazzino si avvicinò al maestro con un taccuino e una penna, per ricevere l'autografo: il maestro rimase sorpreso, poi prese taccuino e penna, se li mise nella tasca all'interno della giacca, ed uscì improvvisamente di scena con l'aria soddisfatta per la sua improvvisazione umoristica, senza aver fatto l'autografo (spero che in seguito il ragazzino abbia visto il suo desiderio esaudito). Anche stavolta, in preda a un mal di testa terribile, non riuscii a conoscerlo.

 Il maestro aveva suonato le Suites Francesi 2, 4, 6 e l' Ouverture Francese BWV 831.

Haydn: Sonata in do minore Hob.XVI: 20

Seppi però, più avanti, che il maestro stava temporaneamente soggiornando nella riviera ligure, senza dare concerti. La mia ex insegnante non volle dirmi dove (aveva promesso al maestro di non rivelare dove si trovasse) e fui così insistente che una sua allieva mi riprese, ma senza ottenere che mi calmassi. In ogni modo, ero deciso a chiamare tutti gli alberghi della riviera, ma il campo si restrinse perchè mi fu detto che probabilmente doveva essere nella riviera di ponente, forse a Diano Marina. Individuai l'albergo, ci andai, ma non ebbi il coraggio di entrare, ero troppo emozionato. Rimasi seduto per ore su una panchina, a parte un lungo giro per cercare un fioraio: sapevo che il maestro amava i fiori bianchi. Era domenica, ma non potevo credere che nella patria dei fiori non ci fossero negozi aperti. Mi dovetti ricredere.

Brahms: intermezzo in mi minore, op.116 n.5

Venne sera, ero stanco e deluso, del maestro neanche l'ombra. Non osavo chiedere, per paura di rovinare tutto, come se fossi stato in missione segreta, mi limitavo ad aspettare. Infine ritornai a Genova, ma il giorno dopo ero di nuovo lì. Questa volta, comprai dei fiori già in città, e commisi una leggerezza imperdonabile: sapevo che c'era la moglie del maestro, ma non avevo molti soldi, e comunque non avevo certo l'intenzione di spenderli per lei. Allora comprai due mazzi di fiori, uno grande, ed uno più piccolo in ordine di importanza (ma a mio parziale merito devo dire che lo evitai troppo evidentemente piccolo).

Entrai, e il proprietario mi disse che, vedendomi sulla panchina per ore, il giorno prima non aveva saputo cosa pensare, forse fu sul punto di venirmi a chiedere se stessi aspettando qualcuno... o a gettarmi una moneta. Mi offrì un tè, e mi disse che neppure lui era praticamente riuscito a rivedere il maestro da quando era arrivato (era anche lui pianista), e che in quel periodo non stava bene. In quel momento, era fuori, ma sarebbe certo tornato. Così fu: la sua agente mi disse che sarebbe stato meglio se non gli fossi andato incontro, perchè era un momento davvero delicato per Richter. Così feci: non volevo che il maestro potesse essere disturbato, nè dargli una cattiva impressione. Quando l'agente seppe di chi ero allievo, mi disse che allora le cose erano differenti (non l'avevo detto perchè sarebbe potuto sembrare che la mia ex insegnante avesse tradito la sua parola, cosa che non aveva fatto). Lo vidi entrare, e fu l'ultima volta che fummo nella stessa stanza. Non volli - o non osai, non saprei - avvicinarmi, l'agente si incaricò di dargli i fiori e due cose che avevo portato da autografare insieme a un biglietto. Mi chiese di capire che difficilmente mi avrebbe ricevuto: già era restio di suo, ma la malattia lo stava facendo penare parecchio. Allora dissi, dopo una certa insistenza, che sarei tornato un altro giorno per ritirare le cose che avevo lasciato da autografare. E così feci, il maestro era già partito. Non riuscii mai a conoscerlo, ed allora, nell'immediato, la cosa mi pesò. Oggi, però, sono stato ampiamente ricompensato, per aver conosciuto il Quartetto Borodin che suonò spesso con Richter. L'ascolto dei dischi realizzati insieme, mi aveva già da tempo convinto che per quanto amassi l'arte del maestro, ancor più amavo l'arte di questo ensemble. Spesso dicono - loro stessi lo dicevano - che era Richter a trascinarli in quelle incisioni memorabili come in ogni concerto insieme, ma non ne sono convinto. L'ascolto dei dischi dove il quartetto suona senza altri musicisti, mi ha fatto accorgere di preferirli non solo a Richter, ma a chiunque. Se è Richter a trascinarli, di sicuro loro si mostrano assolutamente pari.

Dvo?ák: Piano Quintet n.2 in la maggiore, op.81 (con il Quartetto Borodin) 

Tornai dunque a Diano Marina per la terza volta, per ritirare il materiale. Il maestro mi aveva autografato il libro di Valentina ?emberdži In viaggio con Sviatoslav Richter, che francamente non ritenevo la cosa migliore da fargli autografare, sebbene il libro fosse interessante per gli aneddoti personali cui sono sempre interessato, avevo molti cd che sarebbero stati più adatti.

Ma scelsi di fargli autografare quel libro perchè si intitolava in quel modo, perchè anch'io, come molti altri, ero in viaggio con Sviatoslav Richter, e incontrarlo per davvero forse non era poi così importante. A pensarci bene, non ne ero neanche degno: aver comprato un mazzo di fiori più piccolo, senza tenere in debita considerazione i sentimenti del maestro... In ogni modo, gli dovevo molto, gli dovevo (ma non solo a lui) gli attimi nella mia vita in cui ritornavo a credere che vivere valesse la pena, dopo periodi passati all'inferno. Non esistono persone cui io sia più grato che a questi artisti, non sarebbe possibile.

Il maestro mi autografò anche una foto, scelta da lui, del libro che accompagnava il famoso cofanetto philips "The Authorized Recordings". In seguito ho regalato il libro a Giovanni, che ha ascoltato spesso Richter in concerto ma che non aveva suoi autografi. Del resto, non davo eccessiva importanza a quei due autografi: erano stati fatti per me, col mio nome (quello sul libro della ?emberdži), è vero, ma io non ero presente.

Chopin: Polacca -Fantasia in la bemolle maggiore, op.61

 

 

Poi, nel 1997, sempre infervorato della sua arte straordinaria, venni a sapere che anche Richter era morto, come tutti moriamo, e che gli astronomi gli avevano dedicato un stella. Seppi anche, ovviamente, che ora per davvero non l'avrei mai più incontrato. Forse, nonostante tutto, fino a quel momento ancora ci avevo sperato, come se avesse potuto apparirmi davanti per magia. Finchè c'è vita...

In realtà, continuo a incontrarlo ogni giorno, da anni, ascoltando i suoi dischi che conosco a memoria ma che mi sembrano sempre più belli, profondi, immensi come la personalità del grande maestro.

 

Schubert Sonata in do minore, D.958 IV. Allegro con brio

 

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