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C.Chaplin e S.Rachmaninoff - Una sera a cena
di Neve Che Vola
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Leggendo l'autobiografia di Charlie Chaplin, molti anni fa, rimasi particolarmente impressionato da un piccolo scambio di opinioni fra il grande regista e il grande pianista/compositore, che in seguito ho citato molto spesso.

Stranamente, qui non l'ho ancora fatto.

Eccolo.

 

Poco prima della guerra cenai a casa sua [di Vladimir Horowitz, n.d.r.] con sua moglie, la figlia di Toscanini. Erano presenti Rachmaninoff e Barbirolli [il grande direttore d'orchestra inglese, n.d.r]. Rachmaninoff era un uomo dall'aspetto strano, a metà fra l'esteta e il monaco di clausura. Fu una cenetta intima, fra noi cinque.

Sembrerebbe che ogniqualvolta si parli dell'arte io abbia da dare una diversa definizione. Perchè no? Quella sera dissi che era un'opera eseguita da un'anima sensibile in preda a un'esaltazione sostenuta e controllata. Qualcuno portò il discorso sulla religione e io confessai di non essere un credente. Rachmaninoff interloquì immediatamente: "Ma come può esservi arte senza religione?".

Per un attimo non seppi che cosa rispondere. "Forse non stiamo parlando della stessa cosa" dissi. "Per me la religione è la credenza in un dogma: e l'arte è un sentimento più che una dottrina".

"Tale è la religione" rispose lui. Dopodichè io tacqui.

 

 

 

A proposito di Rachmaninoff.

Dovrei forse proporre l'ascolto, per primo, del suo Secondo Concerto op.18, oppure del Terzo op.30, diventato famoso in seguito al film Shine. Non lo farò. Vorrei invece proporre, per chi non lo conoscesse, il primo tempo del suo Primo Concerto op.1 (che in seguito revisionò).

Mi innamorai di Rachmaninoff pianista subito dopo aver ascoltato l'incipit di questo concerto, in un negozio di dischi. Bè, in verità, mi sentii legato a lui ancora prima di averne conosciuto la musica (il Terzo concerto, suonato da Horowitz insieme aOrmandy, fu una delle prime opere se non la prima). Fu per un documentario, visto per caso su Raitre molti anni prima. Mi colpì il racconto del portinaio: si sedeva sulle scale, spesso, per ascoltare "il signor Rachmaninoff" alla tastiera. Quando lui e la moglie furono in difficoltà per il posto di lavoro, il grande Sergei li prese con sè, al suo servizio. 

 

 

 

 

Sarebbe meglio tacere, ma mi sia permesso di dire con precisione quel che mi colpì quel pomeriggio nel negozio di dischi. Bastarono i quattro accordi che precedono l'entrata del tema orchestrale, a 41" del primo video . Ecco, questo, per me, è suonare il pianoforte (e grazie, diranno alcuni...). Si può arrivare a disprezzare la musica in questione, ma penso che nessun musicista possa mettere in dubbio la maestria con la quale il grande pianista suona questi ultimi accordi prima dell'entrata dell'orchestra. In particolare, soffermiamoci sull'ultimo. Ciò che colpisce, credo, è la forza di espressione. Allargare il tempo non basta. E' la qualità intrinseca, se così si può dire, del suono. Non c'è neanche un "suono", rimane la pura espressione. 

A 2'37 del secondo video Rachmaninoff attacca la cadenza che conclude il tempo. Dopo la parte accordale, in ff, rimane un momento di semplicità maggiore, una melodia da sola. Siamo sempre lì: non suona, parla. Il tempo è organizzato con una maestria, credo, insuperata. A 3'47, comincia la scalata verso il climax, a 4'10 si rivela quello che stava dietro questa preparazione". A 4'33 riprende il tema prima affidato all'orchestra, ed è di nuovo un entusiasmante "precipitare" in un abisso; di nuovo, il tempo. Notare gli ultimi accordi, appena rallentando, prima del ri-attacco dell'orchestra. Si può immaginare, pianisticamente, una coerenza maggiore?

 

Di seguito, non poteva mancare, il Terzo con Horowitz alla tastiera.

 

 

Ed ecco il Preludio in RE op.23 n.4... ogni tanto si parla di Rachmaninoff come di un sentimentale, ma il suo non è sentimentalismo, è quel sentimento di cui parla aChaplin. Sono come una eco lontana di suoni perduti, come se rivendicassero il loro diritto a non esser dimenticati. Sono come voragini che si aprono, abissi che si spalancano, dai quali sorgono delle grida (a questo proposito di ascolti il frammento 3'05 -->3'11). 

 

Lo Studio in fa diesis minore, ancora suonato da un indemoniato Sviatoslav Richter:

 

Qui c'è uno dei miei preferiti, il Preludio in do minore op.23 n.7, un altro il cui sfondo potrebbe benissimo essere uno stato di meditazione religiosa, di percezione "mistica". In particolare, quando ero ragazzino, ricordo un momento, durante una partita di calcio fra noi studenti delle medie. I ricordi del pezzo si imposero in tutta la loro potenza: era come se Rachmaninoff avesse dipinto, in un quadro, il turbinare incessante del mondo come lo conosciamo, fallacemente. E quell'unica nota profonda, sforzato, in lontananza, a testimoniare della nostra natura. Dagli abissi quella eco lontana ed indistinta sale sulle cime, intorno a noi, al secondo 18, quasi ansimando, col respiro corto. E' sempre la percezione della nostra natura... 

Segue il Preludio in Si bemolle op.23 n.2, con l'indicazione di tempo "Maestoso", proprio come lo rende Richter, non esageratamente veloce. Un altro lavoro straordinario. Mi colpì, da principio, a 4'05 --> 4'10, quando tutto diventa così intimo. 

Massì, ecco anche Vocalise. Non è la versione originale, è una trascrizione di Alan Richardson del celebre lied. Lo propongo qui, perchè il suono di Gilels ce lo restituisce in una dimensione che ricorda il religioso. Preferisco questa versione, a tutte quelle che ho sentite. Anche alla versione orchestrale diretta e incisa dallo stesso Rachmaninoff!

 

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