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Great stone face: Buster Keaton
di Utente rimosso (mike patton) ultimo aggiornamento
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Great stone face: Buster Keaton

Joseph Francis Keaton si esibì sulla scena la prima volta la sera del 4 ottobre 1895, a Piqua nel Kansas dove era nato poche ore prima. Più che altro fu esibito, alla fine dello spettacolo, dal padre, Joseph Hallie, attore al pari della moglie Myra. Allora i coniugi Keaton lavoravano con la Mohawk Indian Medicine Company, un gruppo teatrale itinerante; solo nel 1899 passeranno al vaudeville all’Hubin’s Museum di NewYork.
Circa quattro anni separano la prima leggendaria esibizione di Joseph Francis e l’inizio della sua attività teatrale nel “numero” dei genitori ribattezzato per l’occasione The Three Keatons. Nel corso di questi quattro anni Joseph Francis, oltre a vivere in stretto contatto col teatro, fu ribattezzato a sua volta, da Harry Houdini, amico e collega dei coniugi Keaton, che vedendo Joseph Francis uscire indenne, all’età di sei mesi, da un ruzzolone durato due piani di scale esclamò: What a buster. indeed! - che rompicollo!
Appena iniziata, l’attività di Buster fu interrotta dalla Gerry Society - un ente attivo contro lo sfruttamento del lavoro infantile che costrinse i genitori a tener lontano dalle scene il figlioletto per circa un anno: sino all’ottobre del 1900 quando, per volere dell’impresario, Buster fu reintegrato nel numero di varietà al Wonderland Theatre di Wilmington. L’attività teatrale di Buster continuerà ininterrotta sino al 1917, quando, ventunenne, passerà al cinematografo. È il periodo di formazione dell’attore e dell’uomo, esperienze e insegnamenti del vaudeville saranno elementi basilari del bagaglio tecnico keatoniano anche nella settima arte.
La fin troppo notata “faccia di pietra” è, in sé l’aspetto più evidenziato per sottolineare i legami  tra attività cinematografica e teatrale di Keaton. Ma come la cosiddetta “great stone face” è, in sé, un elemento secondario riduttivo e in ultima analisi forviante (l’apparenza più vistosa e neppur rivelatrice di una costellazione ben più complessa e sottile), così i mille fili che legano il cinema al teatro di Keaton, non possono essere ridotti al cordone un po’ troppo spesso e indifferenziato dell’impassibilità. Il notevole successo dell’etichetta “l’uomo che non ride mai”, appiccicato dalla pubblicità a Keaton, è assai sorprendente, se si considera che la serietà per i comici è piuttosto la norma che l’eccezione.., chi vuol divertire si guarda bene dal ridere, e, a sua volta e i momenti di distensione dei grandi comici sono rarissimi”
Buster Keaton stesso ha ridimensionato il valore in sé di questa caratteristica della sua comicità: se ridevo di ciò che facevo il pubblico non rideva... più restavo serio, più facevo ridere. Quando incominciai a fare cinema era già un atteggiamento automatico, non me, ne rendevo neppur conto, quando incominciai ad avere questa reputazione dell’impassibilità ci siamo fatti proiettare i miei film per verificare se veramente non ridevo; non lo sapevo neppur io...
Keaton  ha spesso fatto il nome dei suoi maestri: il padre e Roscoe Arbuckle detto Fatty. Quest’ultimo per il cinema; Joseph Hallie, detto Joe, per la sua formazione di attore. L’affermazione di Keaton, è parziale in entrambi i casi. Fatty, si vedrà, è solo in un senso molto ristretto (per la tecnica cinematografica di base) il maestro di Buster; per quanto riguarda Joe va notato che il suo nome sta per l’intera attività e vita “teatrale” di Buster sino al 1917. Nella prima apparizione ufficiale, nel 1898, dei “Tre Keaton”, Buster non era che una specie di doppione miniaturizzato, con lo stesso tipo di parrucca e vestito all’irlandese del padre, di cui doveva imitare movimenti e gesti. Poco tempo dopo era un vero e proprio specialista in acrobazie e in tutto il composito repertorio del teatro di varietà. Aveva appreso praticamente tutto osservando da dietro le quinte i vari numeri e esercitandosi in proprio. Non ero che un ragazzo scatenato. Allevato tra le quinte, crescendo, questo ragazzo prova tutto; questa settimana è la volta di un funambolo, e lui cerca di camminare sul filo quando nessuno lo guarda; se c’è un giocoliere imita il giocoliere. Fa acrobazie. Non c’è nulla che non tenti. Vuole essere ventriloquo, buffone, meccanico.
A sei sette anni Buster dominava talmente le varie specialità da esser creduto da molti spettatori un nano non un bambino. La capacità di dominare e usare a piacere il proprio corpo permetterà gli incredibili exploit acrobatici nei suoi film.
Nell’epoca d’oro dello slapstick tutti suoi maggiori esponenti erano dotati in misura elevata di capacità acrobatiche persino il grassone Roscoe Arbuckle possedeva una incredibile agilità mentre Charlie Chaplin che per altro non puntava su questi effetti, non era certo un pezzo di legno. Tuttavia anche per quest’aspetto tecnico di base Keaton  svetta sui suoi colleghi di slapstick. Se si considera anche solo a volo d’uccello la sua opera cinematografica ci si rende conto che pur presentando caratteristiche ben determinate, non costituisce affatto un tipo; a differenza dei grandi comici suoi contemporanei: da Charlot, con il suo cannino e la bombetta, a Harold Lloyd con i suoi occhiali e il suo sorriso, all’ingenuo e eterno bambino Harry Langdon.
In un’epoca in cui i vari film dei singoli comici costituivano specie di puntate successive, Keaton  produce opere tra loro diverse come Our Ospitality e The Navigator, Neighbors e Spite Marriage, Battling Butier e Go West.
Non lavorò mai con Mack Sennet. L’estraneita della sua comicità alla maggiore “scuola” comica dell’epoca è evidente. È probabile che ciò sia conseguenza della sua esperienza nel vaudeville. Molti comici “sennettiani” lavorarono in questo settore prima di giungere al cinema; d’altra parte Buster. fu “allievo” di Fatty, allievo a sua volta di Mack Sennet. Ma ha potuto conservare la propria indipendente personalità rispetto all’epoca, perché arrivò al cinema con una solida e ben determinata formazione dì base che gli permise di adattare il mezzo cinematografico a se stesso piuttosto che sé alla convenzione.
Che cosa sia stata sin nei minimi particolari l’attività teatrale di Buster Keaton, lo si può apprendere più che dalla sua autobiografia, dalla fondamentale opera di Rudi Blesh (Keaton, 1966): “Non era mai lo stesso da una volta all’altra; gettava i suoi cliché prima che sì cristallizzassero. La gente ritornava ogni giorno per vedere le novità”. Le prestazioni di Buster sul palcoscenico erano radicalmente diverse a un ritmo di sette alla settimana. Dal vero e proprio numero di abilità e di acrobazia poteva passare alla breve commedia in cui si produceva in una sbellicante parodia del teatro serio e del tipo di recitazione enfatica e gigionesca degli attori di fama; altre volte era il turno della pantomima, altre ancora del melodramma popolare accuratamente rivisitato. “Nessun altro periodo nessun altro teatro avrebbe potuto fornirli un clima più favorevole per sviluppare le facoltà, le attitudini e le capacità che avrebbe poi applicato al nuovo mezzo, al cinema”. Il vaudeville, fenomeno teatrale unico legato a una epoca e a un uditorio particolari, aveva le sue regole strette e inderogabili. La durata prestabilita (otto o sedici minuti) del numero di vaudeville richiede concretezza e immediatezza di risultati; il pubblico davanti a questo tipo di spettacolo non è disposto a tollerare neppure la perdita di ritmo di un solo minuto; i vari numeri si susseguono gli uni agli altri a tempi serrati accostando il drammatico al comico e, all’interno dello stesso genere, cose diversissime.
D’altra parte il brevissimo atto del vaudeville non può essere qualcosa di puramente gratuito; deve avere una sua struttura interna, occorre fornire nel breve tempo uno sviluppo, una continuità dotata di un prologo e una parte centrale, e, un epilogo. E, naturalmente, a complicare le cose, l’improvvisazione rimane sovrana; sia nel senso che ben raramente si dispone di un testo scritto, sia in quello che occorre continuamente variare all’interno dello stesso numero.
Concretezza, immediatezza, estrema. incisività, Improvvisazione “regolata” da leggi più ferree di quanto non sembri, ritmo, tempo del gag e, per altro verso, rifiuto della gratuità ecc. ecc. Caratteristiche che non a caso, servono ugualmente bene per determinare le esigenze prime di questa forma di spettacolo e l’arte di Buster quale emerge dai suoi film.
Ci si potrebbe dilungare per mostrare nei particolari come  apprese dal Vaudeville e dal padre, specialista nel genere, il senso del tempo di un gag o le altre numerose capacità “innate” che spiccano nei film come una specie di sua seconda natura. Basti ricordare che l’esigenza primaria del vaudeville keatoniano, il rifiuto dell’equazione comico-ridicolo, è sempre stata tenuta presente. La famosa regola d’oro del Keaton, autore di cinema suona: “strappare la risata senza essere troppo ridicoli”; cioè rispettare le leggi drammatiche e psicologiche dell’opera e dei personaggi e, si potrebbe aggiungere, della realtà.
Queste caratteristiche, tra l’altro, sono un ulteriore elemento di differenziazione rispetto ai comici della sua epoca e alle loro opere, ad eccezione di Chaplin. “Mack Sennet”, ha scritto James Agee, “produceva due generi di comiche: la parodia con scazzottatura e la scazzottatura pura e semplice”. Ma, forse, la differenza è così grande perché il termine comicità è compromesso; un’etichetta troppo riduttiva per essere applicata, sola, all’arte di Keaton, per il quale, vale l’affermazione applicabile a pochissimi comici della storia del cinema: i suoi film più riusciti possono far ridere sino alle lacrime, ma non sono né ridicoli né tantomeno risibili. Data la precocità del bambino, sulle scene ininterrottamente dall’età di cinque anni, il teatro, sia Carro di Tespi sia vaudeville, è stato letteralmente, per circa un ventennio, la sua vita . È un elemento importante, al di là del particolare apprendistato compiuto, per la comprensione della sua personalità artistica complessiva e non solo di attore o regista. Particolarmente importante se si tiene conto che  ebbe la fortuna, rara nell’America civilizzata del XX secolo, di sfuggire completamente a una educazione formale. Nato in questo mestiere non conobbe realmente mai nessun altro tipo di vita. Sin dall’età di due o tre anni il fine della sua esistenza era far ridere la gente. Per molti anni nulla lo distrasse da questa intesa determinazione. Non ebbe a preoccuparsi, come fu per esempio il caso di Chaplin giovane, dei problemi dell’esistenza quotidiana: il “numero” di famiglia andava bene e assicurava una certa agiatezza almeno sin dal tempo della sua nascita. Così la creazione comica era in lui innata istintiva ed esclusiva. Fu, tutta la sua vita e questa è anche la ragione del perché la forzata rinuncia alla creazione artistica, verificatasi verso la metà della sua vita, fu per lui evento particolarmente tragico.
Dietro alla facciata dell’artista-bambino talmente bravo che ben presto l’impresario punta, sul cartellone, più sul suo nome che su quello dei genitori, c’è un particolare tipo di vita e di esperienze esistenziali: la cultura di Keaton., in senso non solo specificamente teatrale. Il piccolo Buster è un ragazzo prodigio, ma anche un bambino che non è andato a scuola, abituato a spostarsi da una città all’altra da un teatro all’altro. Come ha ricevuto il suo nome da un attore, ha probabilmente imparato a scrivere da un giocoliere capace di tenere la penna con le due mani; un minore sfruttato il cui caso sollecita l’intervento della Gerry Society .Nella sua autobiografia  racconta: Il nostro numero era all’epoca il più brutale del varietà. Mio padre mi sottoponeva a esperimenti interessanti. Mi portava in scena come un pacco e incominciava col gettarmi in terra. Poi puliva il pavimento con la mia faccia. Dato che  non me ne lamentavo visibilmente mi faceva volare attraverso la scena, dietro le quinte e, per finire, nella fossa dell’orchestra su un tamburo. .Ancor prima di raggiungere le dimensioni di un pallone di gomma, il nostro numero I tre Keaton mi presentava come “lo strofinaccio umano”.
Il rapporto di Buster con il mondo e con la vita  emergente dai suoi film mostra che tutto ciò ha lasciato un certo segno sulla sua personalità artistica. La sua cultura esprime queste cose in una Weltanschauung determinata se non articolata. Al di là delle foto di Buster piccolo attore, “terrificanti”come alcune sequenze da incubo dei suoi film, va ricordato come non casuale che la famosa impassibilità  è nata in questo periodo. Quando Buster aveva cinque anni e oltre allo “strofinaccio umano” veniva dipinto, rigido come un manico di scopa e impassibile alle risate del pubblico, da Joe Keaton con tanti bei colori. È stato scritto in riferimento ai film che: “la natura stessa del personaggio di Buster è quella di un oggetto”.
 
…ma nel cinema comico preferisco Buster Keaton, che non era soltanto un eccellente attore, ma anche un regista eccellente (cosa che Chaplin non è). Keaton ha sempre delle idee favolose. In Luci della ribalta c’era una scena tra loro che durava dieci minuti Chaplin era eccellente e Keaton sensazionale. Era quanto di più riuscito avesse fatto in tutta la sua carriera. Chaplin ha tagliato la scena quasi interamente, perché aveva capito chi era, dei due, che la dominava completamente. [Orson Welles]
 
Tratto da Il cinema di Buster Keaton - La nuova sinistra- edizioni Samonà e Savelli - 1972

 

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