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Tutto a posto e niente in ordine

Regia di Lina Wertmüller vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Tutto a posto e niente in ordine

di sasso67
6 stelle

Metà anni Settanta: Gigi e Carletto, due amici, giungono a Milano dal Piemonte. Incontrano delle ragazze provenienti da ogni parte d’Italia e si stabiliscono, in gruppo, in una delle case di ringhiera della parte vecchia della città. Gigi, il più intraprendente dei due amici, entra a far parte di una banda di ladri e paga un extra di 15.000 lire al mese per poter portare le ragazze in camera. Carletto si mette a fare il cuoco in un ristorante di proprietà di una vecchia fascista, seduce la giovane cameriera siciliana Adelina, ma sogna una ragazza borghese che ha intravisto ad una manifestazione. Il siciliano Sante (anche lui membro della “comune”), che ha sposato una commessa e le ha fatto mettere al mondo sette figli in poco tempo, si troverà coinvolto in un attentato bombarolo. La Wertmüller descrive lo spaesamento dell’inurbamento, che comporta, soprattutto per chi proviene dalla provincia, lo scontro con la modernità, con la nuova civiltà dei consumi, con le differenze di lingua degli immigrati, con una scala sociale praticamente inespugnabile. Il personaggio emblematico, tra i tanti messi sulla scena dalla regista, è proprio Adelina, che piange come una prefica siciliana, ma indossa minigonne vertiginose, rifiuta di concedere la propria verginità al fidanzato in nome dell’onore, che però sacrifica per conservare il televisore, che oramai tiene tutti prigionieri grazie all’appuntamento settimanale con Mike. Adelina è come l’Italia di quegli anni, in bilico tra l’aspirazione senza scrupoli ai benefici della società dei consumi e il retaggio di usanze ancestrali sempre dure a morire. E forse gli italiani (di allora come d’oggi) sono anche come i clienti del ristorante in cui lavora Carletto: sempre pronti ad ingurgitare e digerire quello che propone loro una cucina quanto mai litigiosa, ma pur sempre pronta ad obbedire agli ordini della paralitica fascistona che possiede il locale. Il film è corale, ma anche frammentario e non si saprebbe dire se lo sia perché la sceneggiatura è nata con tali caratteristiche oppure se sia la mancanza di due interpreti forti come Giannini e la Melato, cui la Wertmüller tenta di sopperire con interpreti validi (forse Diberti meritava maggior fortuna nel nostro cinema), ma indubbiamente di minore personalità attoriale.

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