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I tre banditi

Regia di Budd Boetticher vedi scheda film

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La recensione su I tre banditi

di fixer
8 stelle

Budd Boetticher è il regista del western essenziale. Non c'è soffio epico, non ci sono richiami storici, non ci sono personaggi famosi. In più non c'è gusto pittorico, non c'è la ricerca visuale di Ford, non c'è compiacimento formale. Infine, non troviamo irruzione etica, intento didascalico, silente intento morale. Abbiamo solo delle storie secche come fucilate, abbiamo paesaggi riarsi, pietraie spietate, villaggi anonimi. Abbiamo personaggi che non devono spiegare nè spiegarci nulla. Alcuni sono fuorilegge e basta; altri sono tipi qualunque che dicono cose qualunque e fanno cose qualunque. Ci sono poi i protagonisti. L'eroe boetticheriano è Randolph Scott: non è l'eroe americano che porta la civiltà, non si distingue per i suoi dialoghi, quasi asettici. Non è uomo dalle grandi passioni, dal magnetismo dello sguardo, dal carisma morale. E' solo un uomo orgoglioso, coraggioso che si difende contro le diverse forze ostili che di volta in volta gli si scagliano contro.
Nel film in esame, è solo un ottimo ex-capo mandriano di un ranch. Deciso a mettersi in proprio, compra una fattoria e del bestiame. Tutto comincia quando lascia la fattoria per recarsi in un villaggio vicino a comprarsi un pony. Rimasto senza il suo cavallo dopo una scommessa perduta, ritorna a piedi verso il suo ranch. Una diligenza noleggiata per portare una coppia in viaggio di nozze verso una vicina città gli dà un passaggio. Arrivati alla stazione di posta, i viaggiatori vengono affrontati da tre banditi convinti di svaligiare la diligenza regolare. Accortisi dell'errore, vorrebbero eliminarli, ma il marito della sposa, per aver salva la vita, rivela ai tre l'identità della moglie, figlia di un ricco proprietario di miniere. Viene organizzato uno scambio: la coppia avrà salva la vita in cambio di 50.000 dollari. Ricevuto il denaro, i tre eliminano il marito che vorrebbe fuggire abbandonando la moglie al suo destino. Scott, riesce, con uno statagemma, a dividere i tre banditi ed a eliminarli poi uno a uno. Si allontana poi con la vedova con cui costruirà la sua nuova vita.
Interessante è il dialogo fra Richard Boone, il capo dei banditi e Scott. Entrambi sanno che Scott dovrà morire. Ciò che sorprende Boone è che Scott non lo implora e anzi lo incalza senza timore. Quando Boone, rievocando la sua vita, dichiara che non c'era altra scelta che quella del fuorilegge, Scott chiede: Sicuro?
In quella domanda secca, c'è il concentrato della filosofia boetticheriana. Niente discorsi morali, niente sbrodolamenti retorici, nient'altro che quella domanda che vuol dire in realtà tutto. Le azioni, del resto, si commentano da sole e questo è il fondamento del cinema. Scott non è qui il giustiziere o il vendicatore dei torti subiti da altri. E' solo un uomo coraggioso che difende la propria vita e lo fa in modo razionale ed essenziale. Lascia andare via Boone, anche se è lui il capo dei banditi. Non può sparare a un uomo disarmato. Un codice d'onore naturale. Così come quello di seppellire i morti. Gesti semplici, essenziali, che testimoniano il retaggio di tradizioni profondamente radicate. La morte viene accettata serenamente, anche se è dovere fare di tutto per evitarla. Questa profonda saggezza, figlia di valori secolari accettati e praticati, sorprende Boone, che si propone come il polo opposto. Egli, quei valori, li ha traditi ed ora, di fronte ad un uomo "vero", ne è come attratto, come lo si è verso ciò che si apprezza ma che non si riesce a far proprio, vuoi per viltà, vuoi per incapacità. Uomini veri e uomini a metà: in fondo, l'universo western di Boetticher è questo, lo scontro di opposti stili di vita, di opposte volontà. Da un lato la legge, dall'altro la criminalità. Da un lato la giustizia, dall'altro, il sopruso. Poca azione e pochi fatti. Ognuno accetta responsabilmente la strada intrapresa e agisce di conseguenza, accettandone le conclusioni. Forse è questa l'essenza del "classico".

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