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Midnight Song

Regia di Weibang Ma-Xu vedi scheda film

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La recensione su Midnight Song

di spopola
8 stelle

Un film di grande atmosfera che utilizza magistralmente il gioco delle luci e delle ombre per generare inquietanti riflessi chiaroscurati pieni di mistero.

Dichiaratamente ispirato al cinema espressionista tedesco (straordinaria l’ambientazione davvero di grande atmosfera che utilizza magistralmente il gioco delle luci e delle ombre per generare inquietanti riflessi chiaroscurati pieni di mistero) Midnight Song (generalmente considerato  il primo film horror realizzato in Cina) è una delle più riuscite trasposizioni in immagini de  “Il fantasma del’Opera" che Gastone Leroux pubblicò fra il 1910 e il 1911 e più volte adattato per il grande schermo con esiti non sempre soddisfacenti (fra le “letture” più brutte  e negative, da citare senz’altro quella realizzata di Dario Argento nel 1998).[1]

 

Questa eccellente, particolare versione  realizzata da Ma-Xu Weilbang (1905-1961)[2]  nel 1936  (e distribuita l'anno successivo)  sposta la vicenda in una Shanghai buia e impenetrabile  (che non è però l’unica variazione rispetto al libro di Leroux modificato in più puntii già in fase di  sceneggiatura,  anch’essa opera del regista.  godibile

 

A dare il via alla vicenda principale (alla quale è stata aggiunta una sottotrama  politico/sociologica) è l’arrivo di una compagnia d’opera itinerante in tournée in un  cadente teatro quasi in rovina della città rimasto chiuso per molti anni (dalla morte  del grande cantante Song Danpin avvenuta dieci anni prima)  che è stato riaperto per l’occasione.

Mentre il giovane cantante della compagnia sta  provando da solo sul palcoscenico, sente una voce bellissima unirsi alla sua  che lo guida nell’impervia scalata in alto delle note fino a fargli raggiungere vette inpensate. E’ quella di Song Danpin  che è rimasto orrendamente sfigurato nell’incidente a seguito del quale fu creduto morto.

In un lungo flashback il “fantasma” racconta la sua tragica storia (la sottotrama a cui accennavo prima): era stato un malvagio signore feudale a punirlo per l’amore (ricambiato) nutrito dal giovane nei riguardi di sua figlia Li Xiaoxia perché non ritenuto degno del suo rango.

Da allora, anche a causa della sua terribile e mostruosa mutilazione facciale, Song Danpin è rimasto nascosto  dentro i cunicoli del teatro in attesa dell’arrivo di un cantante che potesse essere degno di indossare il suo mantello, oltre ad essere in grado di eseguire con analoga maestria la sua grande, virtuosistica  creazione operistica.

Questa possibile identificazione la trova nella voce del tenore di quella compagnia girovaga  che il destino ha messo sulla sua strada  ed è dunque a lui che affida il compito di fare da tramite per ricreare il contatto col suo perduto amore Li Xiaoxia, nel frattempo impazzita dal dolore. 

Quel che segue, potrete intuirlo  da soli e non è dunque opportuno svelarlo nei minimi dettagli.

 

Anche in questo caso dunque le modifiche rispetto al testo originale sono numerose (e soprattutto sostanziali, nel senso che sparisce quasi del tutto lo stretto rapporto che il romanzo aveva con La bella e la bestia e la storia d’amore viene spostata in una fase precedente anche se rimane inalterata la sua “impossibile” conclusione).

 

Certamente ingenuo nella sua struttura narrativa (comunque tutta da gustare), ha  però il pregio di mantenere intatto ancora ai giorni nostri l’ambiguo, impenetrabile  fascino inquietante suggerito dalle immagini che  Ma-Xu Welbang ha saputo costruire con il contributo  dei due bravissimi direttori della fotografia (Boqing Xue e Xingsan You. Abbastanza espressivi (per se ancora fortemente legati agli stilemi del cinema muto) gli interpreti: Gu Menghe, Zhou Wenzhu, Jin Shan (che interpreta la parte dello sfigurato, mostruoso  “fantasma”), Ping Hu e Chao Shi.

 

Il film è stato incluso nell’elenco del 100 migliori film cinesi di tutti i tempi sia dall’Asia Weekly  (1999) che  dal Hong Kong Film Awards (2005).

 

[1] La prima versione  cinematografica che mi viene in mente, è quella girata da Ernst Matray nel 1916 seguita poi da quella ben  più celebre del 1925 di Rupert Julian (considerata la più bella e la più fedele).

Arriverà poi il film di Ma-Ku Welbang  del 1937 che ha avuto anche un sequel realizzato dallo stesso regista nel 1941, (entrambi caduti per lungo tempo nell’oblio) riesumato con successo  nel 1998 grazie al Far East Festival di  Udine e poi passato anche da Venezia – 62a Mostra d’Arte Cinematgografica del 2005  - retrospettiva Storia segreta del cinema Asiatico – monografia della  Storia Segreta del Cinema Cinese fra il  1934 e il 1990 ,dove fu presentato col titolo originale Yeban gesheng): un’opera  tanto importante in patria, da aver generato ben due remake uno dei quali di produzione Hongoniana: “Mid-Nightmare” diretto da Yuan Quixia diviso in due episodi, il primo uscito nel 1962 e il secondo nel 1963, entrambi interpretati da Betty Loh Ti e Lao Zhei e “The Phantom Lover” diretto da Ronny Yu nel 1995 con Leslie Cheung nel ruolo del protagonista.

Si cimenteranno successivamente sullo stesso tema con esiti fra loro molto discordanti, anche  Arthur Lubin nel 1943; Terence Fischer nel  1962;  Brian del Palma nel 1974 (“Il fantasma del palcoscenico”, sorprendente e apocrifa rilettura  in chiave rock del testo ambientata ai  giorni nostri nel mondo dell’industria discografica; Dwight Littlenel 1989; Dario Argento nel 1998 e Joel Schumacher nel 2004 con la sua particolare trasposizione cinematografica (certamente intrigante, ma che forse sposta troppo l’asse verso il lato romantico della storia) dello spettacolo teatrale scritto e musicatoda Andrew Lloyd Webber  .

Da ricorda anche le tre versioni fatte per la TV: quella  di Robert Markowitz del 1983 che aggiunge al testo di Leroux interessanti suggestioni mutuate dal Faust e sottolinea ancor più le analogie con la storia raccontata ne La bella e la bestia; quella di Tony Richardson (la migliore delle tre) del 1990 e quella di Darwin Knight del 1989.

                                                                                                                                                                                                             

[2] Ma-Xu Weilbang  è da noi un regista praticamente sconosciuto ma che merita di essere ricordato (soprattutto per il contributo che ha dato al cinema horror del suo paese). Nato a Hangzhou, Zhejiang nel 1905, ha iniziato la sua carriera in campo cinematografico come titolista,passando poi alla grafica , per diventare successivamente sceneggiatore e attore e passare infine alla regia..

Sappiamo che come regista (prima in Cina dal 1920 ai primi anni 1940, e poi a Hong Kong) ha diretto 33 pellicole e che purtroppo molte di quelle girate nelle fase iniziale della sua carriera, sono andate irrimediabilmente perdute (l’unico film ad essere sicuramente  sopravvissuto, è il thriller The Cry of Apes in a Deserted Valley)

Di lui (anche biograficamente parlando) conosciamo davvero poche cose, se non che ha perso molto presto (da bambino) i suoi genitori e che si è laureato presso l’Istituto delle Belle Arti di Shanghai.

Midnight Song è il suo maggior successo e il titolo che più lo rappresenta. E’ stato comunque attivo fino al 1959, anche se da noi è arrivato poco o nulla della sua produzione.

Fra i film da lui diretti, sono da ricordare soprattutto Walking Corpse in an Old House, The Lonely Soul (entrambi del 1938), Midnight song Part II (1941) e A Naid’s Bitter Story (1949). La sua ultima regia che risale al 1959 è The Lovers and the Python.

Insieme a Bu Wancang ha co-diretto anche il film di propaganda Eternity (1943) conosciuto pure come The Opium War.

Un incidente stradale ha stroncato prematuramente la sua vita nel 1961.  

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