Regia di Sebastian Mez vedi scheda film
"Essere vivi o essere morti è la stessa cosa"
(Pier Paolo Pasolini)
Nel 1957, un piccolo paese russo di nome Muslyumovo (al tempo parte dell’URSS) fu vittima di un disastro nucleare, che interessò un’area vastissima, contaminando l'intero territorio in questione. Insomma, una catastrofe a tutti gli effetti. Il film mostra lo scorrere (in)naturale della quotidianità, che riulta essere orizzontale e plumbea, di queste persone, sospese e abbondanate all'incuria di questo inavvertibile inferno radioattivo, in cui ad esse vengono costantemente negate sia la vita che la morte. Spettrale, ipnotico e, soprattutto, indispensabile. Un'opera sensazionale, talmente "sacrale" che sembra d'assistere a qualcosa di metafisico, che sta al di là. Un'esperienza visiva e coscienziale superlative. Avvolto da una ieratica aurea filmica à la Valhalla Rising [2009] - merito della magistrale, funerea e sperimentale fotografia che, paradossalmente, permette di catturare, raffigurare l'invisibile -, Metamorphosen è un documentario che lascia pietrificati (anche) per la sua potenza illuminante, nel senso più spirituale del termine. Un necessario pugno allo stomaco che non si vede, ma si sente o, meglio, si percepisce. Come fossero delle radiazioni cinematografiche salvifiche.
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