Regia di Peter Hedges vedi scheda film
ci sono due giovani, anche se non giovanissimi genitori, che vogliono ardentemente un bambino ma non riescono a concepirlo. provano con l'adozione, ma non c'è verso. vivono in una grande e accogliente casa, non navigano nell'oro ma entrambi lavorano benchè la fabbrica di matite per cui stanleyville è celebre, non naviga in buone acque e si vocifera insistentemente di licenziamenti se non addirittura di chiusura. stanleyville è una tranquilla cittadina di provincia che in autunno si inorgoglisce di tutte le più belle, calde e accoglienti sfumature dell'autunno. e così disperati dal non poter essere genitori, una sera tanto per non aver nulla da perdere, fanno un giochetto. su dei foglietti scrivono come lo vorrebbero il figlio, li mettono in una scatoletta di legno e la sotterrano nell'orto tra le verdure. nottetempo si scatena un temporale e il miracolo si compie... stanleyville oltre ad essere gravata dalla crisi del lavoro, è pure oppressa dalla siccità. cartelli in giro per il centro invitano la popolazione ad essere parsimoniosi con il bene liquido. la casa disney si prodiga d'accumulo nella prima parte di questo curioso prodotto e ovviamente in un film che dura poco meno di due ore è piuttosto rischioso, perchè la minaccia di non riuscire ad affrontare e gestire tutti i punti è vertiginoso. e infatti se il primo problema, la piaga della crisi e della perdita di lavoro, viene elaborato e risolto con un gustoso e fantasioso stratagemma, il secondo punto viene un pò trascurato col fatto che arrivando l'autunno, si sa, magari arriva pure l'acqua. il film è raccontato dai due protagonisti in flashbacks fino all'oggi. il fantascientifico arrivo di timothy, paurosamente risorto dalle profondità del terreno come un ritornante antropofago, risulta invece essere un prodotto su misura spuntato dall'orto, geneticamente modificato non per resistere all'attacco dei parassiti, bensì per adattarsi ai desideri dei due genitori disillusi. la cosa che più lascia basiti di questo simpatico prodottino, non per niente disprezzabile, è il fatto che la società americana del piccolo abitato non si chiede più di tanto da dove arrivi e soprattutto dove sparisca il buon timothy. per una volta la famiglia e la buona gente di stanleyville, decide di non indagare più di tanto nei fattacci altrui(se non tanto nell'arrivo, quanto meno nella sparizione), agitata da ben altri venti tempestosi quali appunto la siccità e la crisi della fabbrica di matite, unico mezzo di sostentamento per gli abitanti, nonchè orgoglio nazionale. il film si sbrodola un pò troppo nell'isteria schizofrenica dei due novelli genitori, calibrandosi stranamente invece nel personaggio di timothy, per una volta un bambino che non risulta fastidioso come un'irritazione inguinale. "i sogni son desideri di felicità..." che lasciano strascichi, ma insegnano ad imparare dai propri errori, e il lieto fine giunge non sgradito alla fine di un film imperfetto ma abbondantemente sufficiente.
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