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The Double

Regia di Michael Brandt vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su The Double

di alan smithee
4 stelle

Non e' molto corretto ne' tantomeno prudente prendere per i fondelli lo spettatore, perche' e' lui che determina il successo o il tonfo di un prodotto di primo impatto sul pubblico come la creazione cinematografica. Qui in The double la frittata viene rigirata troppe volte affinché non si bruci, ma la fiamma che incendia di logorroici e neanche tanto clamorosi colpi di scena (puntuali e scontati come telefonate di un caotico centralino) finisce per far bruciare una pietanza visivamente di bell'aspetto, ma amarognola ed indigesta gia' dopo il primo assaggio.
Torna il divo Richard Gere, che ha frequentato volentieri nella sua brillante e variegata carriera il genere thriller, spesso con risultati se non buoni almeno soddisfacenti (cito a memoria soprattutto il teso Affari sporchi e l'hitchcockiano Analisi finale, mentre anche il recente Brooklyn finest e pure The Mothman propecies non erano affatto male); torna molto in forma, non c'e' che dire, merito di un bravo chirurgo plastico che l'ha lisciato bene che neanche un quarantenne ben tenuto riesce ad eguagliarlo e grazie ad un fisico asciutto
da fare invidia a molti. Ma torna con un nuovo film sbagliato, ultimo di una serie sempre piu' frequente. Qui lo vediamo nei panni di un agente della Cia in pensione richiamato in seguito all'uccisione di un senatore da tempo invischiato in affari loschi, ed eliminato con un metodo che sembra attribuibile al famigerato Cassio, un killer con cui per lungo tempo l'agente ha ingaggiato una personale caccia all'uomo e che e' sicuro di aver eliminato. Non cosi' sicuro della sorte dell'assassino e' invece il giovane agente Topher Grace (attore bravino, dalla faccia pulita e gradevole, ma eternamente in aspettativa di fama, in attesa di spiccare quel volo che non pare voler decollare), ossessionato dalla figura dello spietato ricercato, tanto da averci dedicato la propria tesi di laurea. Inutile dire che i due verranno costretti a collaborare, formando l'ennesima coppia di sbirri disomogenei e soprattutto diventando protagonisti di una serie di colpi di scena tanto assurdi e fuori sincrono da rivelare anche al meno smaliziato degli spettatori che i due sceneggiatori (tra cui uno e' l'esordiente regista Michael Brandt) non sanno piu' che pesci pigliare per sbrogliare la matassa.
E poi come se non bastasse un finale terrificante e gratuito che intende dimostrare con un effetto teorema, come una famiglia da mulino bianco possa redimere e far tornare "umano" la piu' spietata e convinta spia russa in circolazione.
Peccato davvero, perche' l'incipit non era male, lasciava sperare in qualcosa di diverso, di meno furbo e piu' ispirato.

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