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Iago

Regia di Volfango De Biasi vedi scheda film

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maurri 63

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La recensione su Iago

di maurri 63
2 stelle

Che cosa si potrebbe fare per impedire ai produttori simili scempi? Come è possibile gettare soldi dalla finestra in tale modo? Registi ben più quotati nel passato hanno pagato dazi tremendi per  errori meno gravi (Marco Ponti è ancora in stand by...). Certo, la tentazione di portare Shakespeare al cinema è forte, sempre. Ma qui, dov'era il bardo? Trasformare la tragedia in commedia (è quello che fa De Biasi) significava adottare un linguaggio tipico e invece siamo di fronte al recitato non sense per riprendere versi celebri. Iago  è Nicolas Vaporidis, che finora ancora non ci ha spiegato bene il perchè del suo successo, mentre Desdemona è Laura Chiatti che ci propone la sua tipica aria da malata terminale truccata (a proposito, nel film è un oggetto, non una donna: mai una volta che prendesse posizione seriamente...). Brabanzio, padre della fanciulla  è Gabriele Lavia, che di anno in anno si è trasformato nel questuante più accreditato per le parti miserrime di secondo piano del più scadente cinema italiano e non. (era un omosessuale pure nel mucciniano Ricordati di me, qui si ripete abbondantemente. Anche se di ciò va data molta colpa al regista, davvero privo del benchè minimo talento). Lo sconosciuto Aurelian Graya, povero ragazzo francese spaesato che palesemente non parla italiano, è Otello. Costui è proprio l'anello debole del gruppo: non un personaggio forte, pronto comunque a lottare per la sua donna ma un sempliciotto di bocca buona (e sì che è improponibile credere a Vaporidis...), che finisce bistrattato da tutti e perfino costretto a perdere la propria dignità. Attori scadenti (e mal diretti: lo testimoniano i primi piani della Chiatti mai significativi, spesso insertati a sproposito), regia secca senza inventiva o colpi di scena, luce naturalmente finta con abbondanza di padelloni e fotoflud per strizzare l'occhi ai giovani (?) e Venezia che si perde al sole (!!) Basta. Non si può commentare oltre.Domanda finale: ma a quale pubblico pensavano gli "autori"?

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