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Calamari Union

Regia di Aki Kaurismäki vedi scheda film

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La recensione su Calamari Union

di Peppe Comune
8 stelle

Quindici uomini sono riuniti in una sala buia di un seminterrato. Portano tutti degli occhiali neri e tutti si chiamano Frank. Progettano la ribellione contro una società che li ha relegati ai margini del benessere generalizzato, costringendoli a vivere di stenti. Niente rivolta in armi, non ne sarebbero affatto capaci. Stanno solo elaborando un piano di fuga che li porti fino a Eira, un quartiere residenziale che si trova all'estremo apposto della città di Helsinki, dove l'aria è più salubre, le persone più cordiali, i servizi pubblici funzionano alla perfezione e, soprattutto, non ci sono colline. Il piano è quello di impossessarsi del treno della metropolitana e arrivare almeno fino al centro cittadino. Da li ognuno proseguirà il viaggio verso Eira, da solo o in compagnia. A loro si aggrega un sedicesimo individuo, Pekka (Markku Toikka), e tutti insieme cominciano questo strano cammino verso questa fantomatica "terra promessa". Strada facendo capiteranno tanti strani imprevisti, chi morirà, chi troverà un lavoro e chi rinuncerà definitivamente al sogno di cambiare vita.

 

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Calamari Union - Scena

 

"Calamari Union" è il secondo lungometraggio di Aki Kaurismaki, un film dalla coralità monotona, nel senso che i quindici protagonisti non condividono solo il nome e la condizione esistenziale, ma anche la medesima irregolarità sociale e lo stesso spirito di rivalsa verso il mondo, quello che li rende tutti partecipi della stessa indole anticonformisma e li fa inciampare sulle medesime delusioni. Il film si apre con una dedica "allo spirito di Baudelaire, Michaux e Prèvert che si aggirano ancora su questa terra", al popolo dei poeti dunque, dei diseredati, degli emarginati sociali, di quelli, insomma, ancora capaci di coltivare la speranza in un sogno. I Frank di questa storia, più che delle vittime, si sentono degli esclusi dal banchetto della vita, quelli a cui è capitata la parte peggiore nella distribuzione dei ruoli sociali, l'ingrato compito di dover convivere con uno stato di perenne precarietà emotiva. Cercano così di recuperare un pò del tempo perduto a leccarsi le ferite mettendo in pratica la loro particolare idea di ribellione, che si risolve tutta nel muoversi dal posto in cui si trovano per spostarsi in un altro, convinti che così facendo si aprano per incanto le porte delle aspettative rimaste inevase. E' la fuga verso un posto che probabilmente non esiste neanche ma che vale comunque la speranza che ci si possa arrivare. Questo è un aspetto assolutamente centrale e peculiare della poetica dell'autore finlandese, che ama analizzare il mondo partendo dall'andatura claudicante dei suoi protagonisti, gente sempre sull'oro del baratro, che tende lo sguardo altrove perchè stanca di posare gli occhi sulle solite sconfitte, che nutre poche speranze sulla possibilità di migliorare la propria condizione sociale ma che tuttavia è solo su di essa che può contare se alla vita non vuole opporre l'estremo rifiuto. Questioni umane e sociali tremendamente serie trattate con soave leggerezza e con una giusta dose di surreale ironia, senza appesantirle con falsi moralismi o gratuiti piagnistei, ma affogando l'amarezza nell'illogicità di situazioni paradossali e discorsi strampalati, accompagnando al dramma della solitudine lo sguardo rivolto verso una possibile via di fuga. Emblematica in tal senso è la sequenza finale del film, che ritrae gli unici due che sono arrivati al limite del viaggio (Pirkka-Pekka Petelius e il "fido" Matti Pellonpaa) trovarsi di fronte all'ennesima illusione andata in fumo, mettersi a bordo di una barca a remi e virare verso l'Estonia. Incontro a un'altra delusione certa ma con un vagito di speranza ancora impresso nel cuore. La strada del grande cinema di Aki Kaurismaki è già tracciata.

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