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L'uomo privato

Regia di Emidio Greco vedi scheda film

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La recensione su L'uomo privato

di mm40
6 stelle

Se Emidio Greco, nella sua lunga carriera, ha diretto solamente una manciata di titoli, è essenzialmente per la cura maniacale nella forma estetica e nella profondità psicologica che il regista (e qui anche sceneggiatore, con la collaborazione del figlio Lorenzo e di Paolo Breccia) ha sempre mostrato. L'uomo privato arriva cinque anni dopo Il consiglio d'Egitto e spiazza già dal titolo, che contempla il doppiosenso dell'aggettivo (l'uomo riservato, schivo, che il protagonista del film a tutti gli effetti è: tanto che neppure ne conosciamo il nome) e del participio passato (qualcosa manca sempre al personaggio, qualcosa gli è sottratto: dal destino, dalle amanti, dal suo ammiratore-stalker, ma più probabilmente da sè stesso). Un titolo che, peraltro, può ricordare molto da vicino quello provvisorio di 8 e 1/2, fortemente sostenuto da Ennio Flaiano, ma mai realmente piaciuto a Fellini (che in questo sicuramente aveva ragione): cioè L'uomo invaso. La vita privata del professore interpretato da Tommaso Ragno (ineccepibile, bravissimo) è una vita di privazioni e di invasioni della privacy, qualcosa di molto simile a ciò cui il regista Guido Anselmi - altra esistenza disturbata, irrisolta, soltanto in apparenza felice - veniva sottoposto nel capolavoro felliniano. E, infine, c'è un parallelo diretto fra le proiezioni oniriche dell'uno e dell'altro personaggio, sempre ansiogene, rivelatrici di uno stato di malessere assolutamente insospettabile dall'esterno. Dopo aver visto scopiazzare in ogni modo la forma di 8 e 1/2, L'uomo privato è in sostanza il primo tentativo - o uno dei pochissimi - a ricalcarne in un certo senso i contenuti, un film che lascia trasparire un senso di nostalgia, di amarezza, di quiete arresa molto simile a quello dell'opera del regista riminese. Alla 'laconica magniloquenza' del testo corrisponde una messa in scena adeguatamente cauta, adagiata fra interni rassicuranti (ambienti domestici, aule universitarie) in cui si succedono incontri e dialoghi volutamente mai determinanti, tanto da formare una sorta di non-trama volta a un necessario non-epilogo. In questo Greco è distante anni luce dal visionario e roboante Fellini, così come la colonna sonora di Bacalov è qui all'antitesi delle vitali, rassicuranti, gioiose marce di Nino Rota; la differenza fra i due film e i due registi si comprende appieno nella (pur apprezzabilissima) scena del sogno al ristorante. Accanto a Ragno, una serie di attori e attrici di estrazione smaccatamente teatrale: il che costituisce danno per la resa su pellicola, soprattutto di fronte a un protagonista tanto compassato, statico e ieratico; un punto debole di Greco qui si svela nella direzione degli interpreti, lasciati troppo liberi; si segnala a ogni modo un cameo di Catherine Spaak. Calda, coinvolgente la fotografia di Gherardo Gossi. 7/10.

Sulla trama

Un professore di diritto, affermato nel lavoro e nella vita privata, si districa fra più amanti e fra inquietanti segnali onirici. Finchè un giorno un suo studente viene trovato morto suicida; il ragazzo, si scopre, viveva in una sfrenata adorazione feticista nei confronti del professore.

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