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L'amore nascosto

Regia di Alessandro Capone vedi scheda film

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giancarlo visitilli

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La recensione su L'amore nascosto

di giancarlo visitilli
8 stelle

Più che di amore nascosto, questo risultava essere il “film nascosto”, essendo stato girato, montato e finito già nel 2007. Che peccato, sarebbe stato privarci di un così bellissimo film, tratto dal romanzo “Madre e ossa” di Danielle Girard.
La storia è quella di Danielle, ricoverata in una clinica privata, dopo il terzo tentativo di suicidio. La donna odia sua figlia, Sophie, con la quale non è mai riuscita a costruire un rapporto, e per questo si è inflitta un silenzio inviolabile, autorelegandosi in un mondo chiuso e sterile, senza reazioni, senza bisogni, senza futuro. La giovane psichiatra che l'ha in cura, però, non vuole rassegnarsi a perderla, e la convince a tentare, almeno, di mettere per iscritto i suoi pensieri. Tanto basta alla psichiatra per comprendere che Danielle è ancora totalmente assorbita dal ruolo di madre, a tal punto e così enigmaticamente da considerare sua figlia come una figura invasiva e lacerante nella sua attuale realtà. Intanto Danielle, con estrema fatica, ma in modo sempre meno sconnesso, e sempre più coinvolgente emotivamente, riesce a trovare le parole per raccontare e mettere solo la lente di ingrandimento il suo odio di donna e di madre.
Molto Sveviano il film di Capone, regista italiano che ha attraversato la musica, la pittura, la pubblicità, la fotografia e il design, prima di dedicarsi al cinema, al teatro e alla televisione. Il regista ha saputo sfruttare molto bene quell’unione che ha reso grandi altri registi come Bergman, Haneke, Lynch: la psicanalisi e il cinema. L’analisi introspettiva di Danielle, attraverso i flashback, come ricordi indelebili, sebbene sbiaditi (funziona molto bene la fotografia in bianco e nero) e la voce fuoricampo bene s’intrecciano fra loro, tessendo una fitta rete di sentimenti, d’odio e amore, che non fanno mai perdere di vista il presente di Danielle, abitato da Sophie, dalla perdita degli affetti, susseguitisi alla maternità. Quest’ultima è la principale causa di una malattia, che ha le sue origini nella mancanza di attenzioni materne nei suoi confronti. La genitorialità non è semplice sentimento o una qualità che la si compra al mercato: se si vive la privazione di essa nei propri confronti, saranno già prospettabili ed evidenti le conseguenze. Danielle, alla fine, a troppe verità giunge, compreso l’eclatante gesto d’amore, l’unico che riceve, da parte di Sophie: l’invito a separarsi dal pensiero ostile di basare qualsiasi gesto della sua esistenza sulla prospettiva di ferire lei.
Interessante la costruzione narrativa e la quasi totale assenza delle figure maschili in un universo abitato dall’inettitudine a vivere al femminile, tutte donne costrette a vivere la solitudine del dolore.
Comunque, trattasi di donne interpretate da eccellenti attrici: Isabelle Huppert, come sempre, riesce a calamitare l'attenzione della macchina da presa sul suo personaggio, riuscendo a sprizzare dolore da ogni poro della sua persona. Coadiuvata da un’ambientazione elegante, ma asettica, angosciante, dinanzi alla quale è possibile affermare con le parole di Danielle che “non ho nessuno, non voglio niente, non spero più in nulla”, dopo aver preso coscienza della situazione possibile, secondo la quale una donna, madre, potrebbe anche arrivare alla conclusione con tale domanda: “Perché una donna, che ha partorito come una cagna, non può liberarsi del suo piccolo se ne prova fastidio, eliminandolo o divorandolo?”. Esistono madri che arrivano a odiare i loro figli, casi come questi sono oggetto di attenzione, analisi, studi e curiosità. Peccato che in un paese come il nostro fan parte anche del gossip da prima serata, tra l’altro sulle tv pubbliche.
L’amore nascosto merita di essere cercato lì dove lo si tenterà di nascondere ancora, perché è un film che difficilmente lo si potrà trovare in quei luoghi malsani e affollati di insetti, che si chiamano arene.
Giancarlo Visitilli

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