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Azur e Asmar

Regia di Michel Ocelot vedi scheda film

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La recensione su Azur e Asmar

di giancarlo visitilli
8 stelle

Un mondo senza pini, senza conigli, senza piogge, senza l’intonaco, senza le canzoni…., ma con le palme, con le gazzelle, con i canali d’irrigazione, con le ceramiche, con le nenie… è il favoloso mondo di un genio dell’animazione, Michel Ocelot.
Il suo favoloso mondo l’abbiamo già conosciuto per mezzo di Kirikù e la strega Karabà (1998), Principi e Principesse (2000) e Kirikù e gli animali selvaggi (2005). Grazie a quest’ultimo lavoro, la nostra si è fatta convinzione: Ocelot è, innanzitutto un poeta, allo stesso modo di come lo potevano essere personaggi come Masaccio, Raffello, Piero della Francesca e chi altri era ed è capace di offrire un’altra prospettiva del mondo che ci circonda.
La storia ruota intorno ad Azur, un bambino biondo con gli occhi azzurri e Asmar, un bambino arabo dalla pelle scura e con occhi e capelli neri. Entrambi vivono in Francia, alla corte del padre di Azur, cresciuti dalla tenera madre di Asmar. Un giorno, però, il padre di Azur decide che il figlio deve avere un’educazione più consona al proprio rango e lo spedisce lontano da casa. Visto che ormai la loro presenza a corte è inutile, l'uomo scaccia la nutrice e il piccolo Asmar. Anni dopo, l'ormai cresciuto Azur decide di viaggiare verso la terra dall'altra parte del mare, per inseguire la fata di cui la nutrice narrava spesso la leggenda a lui e ad Asmar, ma il paese in cui arriva è diverso da come se lo aspettava, e i suoi occhi azzurri, che in Francia sono ritenuti belli, qui sono ritenuti un presagio di cattiva sfortuna.
Ocelot sceglie un disegno e un’animazione più sobri, ma in compenso più eleganti e, umanamente parlando, meno ‘tridimensionali’, rispetto alla vita ‘scolorita’ di ogni giorno. Si tratta di un film d’animazione capace di emozionare adulti e bambini, capace di fotografare con lucidità la situazione politica di oggi, quella esistente tra l’Occidente e il mondo Islamico, senza scadere nel moralismo e nella retorica. Per cui è fantastico ritrovarsi in situazioni, che sebbene dallo spettatore possono risultano surreali, fanno riflettere a causa della loro possibile e reale possibilità, come quella di una bambina che può essere molto più saggia di un adulto; del gatto nero che può essere molto più affettuoso rispetto al nostro iper-pettinato gatto domestico; fino alla nutrice dei due bimbi che, conoscendo due lingue, due paesi e due religioni, afferma di sapere “il doppio rispetto a tutti gli altri”.
Stupisce il modo in cui Ocelot, ancora una volta, sia stato capace di regalarci una fiaba che colpisce il cuore e la mente e che stordisce per la sua sfarzosa bellezza, in grado di raccontarci il mondo reale, molto di più, rispetto ai tanti speciali, dossier, giornali e porcherie che, falsamente e ipocritamente, ci dicono di un mondo che non fa distinzioni di razze, culture e religioni.
Giancarlo Visitilli

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