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Lord of War

Regia di Andrew Niccol vedi scheda film

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Dying Theatre

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La recensione su Lord of War

di Dying Theatre
4 stelle

Trasudante disonestà e pressappochismo da ogni poro, l'opera terza di Andrew Niccol è una chiara dimostrazione di come certi temi siano troppo importanti per lasciare che ne parlino gli americani. Un cineasta statunitense contemporaneo non può, per ragioni 'genetiche' prima ancora che culturali, neanche lontanamente avvicinarsi ad una seppur minima concezione di quelli che sono i guasti e le logiche perverse operanti nel moderno sistema 'di valori' imperial-capitalistico. Se l'americano prova, pur animato da intenzioni sincere, a comprender tali contraddizioni, non può che fallire miseramente, giacchè una reale compenetrazione dell'autore-artista-documentarista in suddette tematiche non potrebbe che portarlo a) ad interrogarsi tragicamente sul proprio ruolo-nel-mondo in quanto, contemporaneamente, esegeta d'una devianza drammatica e meccanismo perpetuatore della stessa b) a disconoscere dunque se stesso, oltre che la propria precipua 'funzione sociale', mettendo così in discussione non solo il proprio esser cineasta-osservatore ma financo la ratio ultima del suo, personalissimo, esser cittadino-attore DI quel mondo, il tutto con conseguenze schizoidi ben immaginabili c) a dedurne che, tutto sommato, egli avrebbe ed ha, per la testa, beghe ben più serie che quella di girare un film. Oh, eccoci al punto: il film non avrebbe mai dovuto essere girato. La casa produttrice avrebbe risparmiato miliardi in effettacci da blockbuster di terz'ordine. Noi tutti avremmo risparmiato tempo ed attenzione. Cage si sarebbe risparmiato l'ennesimo personaggio mal riuscito, lesso, cafone e poco incisivo. Ma dico.. due ore di insopportabile voice-off per 'nobilitare', mettendo sciatte didascalie un po' ovunque, un prodotto basso e 'rumoroso', commerciale ed ammiccante, girato come un action di Micheal Bay ma imbottito di pretese politicamente correttissime e subdolamente moraleggianti! Non si condanna il traffico di armi usando un linguaggio (visivo, oltre che narrativo) reazionario, 'facile', compiaciuto e machista. Il delinquente, alla fine dei giochi, ne esce come un gran fico. Uno che 'ne sa'.. e che sotto la scorza da cinico ha pure un cuore pulsante! Ma la caratterizzazione più impagabile (e tragicomica) è quella dei capi di stato liberiani, padre e figlio, che sembrano usciti uno dal più sciatto tra i polizieschi della 'blaxploitation' anni '70, l'altro da un videoclip rap di LL Cool J., o, alternativamente, da un film di John Singleton sui sobborghi neri.. altro esempio di 'impegno civile' a suon di "mother fucckà", tormentoni da hit-parade, gioielli, porsche fiammanti e copiosi finanziamenti da parte delle tante 'grandi marche' indossate, ostentate e spudoratamente messe a favor di camera dai protagonisti. Ecco cos'è il cinema 'politico' oggi in America: una grande, volgarissima, patinata marchetta. Beati coloro che, nel loro candore neuronale, cadono a peso morto nella trappola, riuscendo pure a divertirsi e, magari, a trarne perfino un mezzo spunto di riflessione. Il mondo è loro, non v'è dubbio.

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