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Je t'aime... moi non plus

Regia di Serge Gainsbourg vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Je t'aime... moi non plus

di yume
8 stelle

Lacerazioni sessuali e sociali che Gainsbourg interpreta con ottima tenuta registica, un dosaggio intelligente di emozioni, una scelta di attori giusta, che tiene gli anni egregiamente, anzi li anticipa, il film è più attuale oggi di quando fu girato. E la musica continua ad incantare.

E’ un film, ma due parole sulla canzone bisogna dirle, un titolo che, nel lontano ’69, faceva balzare sulla sedia tutte le vecchie zie che correvano a cercare dove i nipoti nascondevano il 45 giri comprato di contrabbando.

Fu la campionessa del filone diventato poi, per via delle comiche emulazioni e le cover di ogni ordine e grado, Orgasmo song, quella canzone inconfondibile e bella, va detto, era davvero bella, non si capivano le parole ma la musica era una carezza leggera, bene, quella canzone dieci anni dopo diventò un film.

Je t’aime moi non plus.

Colonna sonora divisa tra una melodia country adatta all’ambiente e Je t’aime moi non plus nei momenti topici, scritto, diretto e sceneggiato da Serge Gainsbourg, il campione dei duri e brutti, che uno allora si chiedeva come facesse ad incantare le donne più belle del mondo, il film è una vera chicca ed è la traduzione in immagini di quel titolo indimenticabile.

E col film non ci furono più dubbi, superate tutte le dotte esegesi su quello strano Moi non plus, si capì che nella canzone era il geniale stratagemma per non cadere nella melassa, e nel film l’ambientazione in una discarica di spazzatura e in un motel stile Paris Texas, Duel e Il postino suona sempre due volte toglie una volta per tutte ogni dubbio, amore e disamore, sesso e follia, genere e transgenere, brutalità e dolcezza, botte e carezze, tutto convive e si confonde, dice il Poeta, come “un croco in mezzo a un polveroso prato”.

E se nella canzone sussurri, solo sussurri, e il resto era lasciato alla libera immaginazione allora molto fertile in mancanza di tanti media, finalmente nel film diventano grida, ma proprio grida altissime, tanto che i due (Jonnhy/Birkin e Krassky/D’Allesandro), buttati fuori da tutti gli hotel, si riducono a farlo sul rimorchio del camion all’aria aperta, in mezzo alla discarica, dove lei può gridare quanto vuole tanto nessuno la sente.

Purtroppo a volte, anzi, il più delle volte, il gran successo mediatico nuoce e provoca due reazioni antitetiche: disinteresse totale o interesse viziato.

Sulla vicenda Je t’aime moi non plus si scrissero fiumi d’inchiostro, si riempirono aule di tribunali, il secondo dopoguerra, non avendo bombe da sganciare, pensava a censurare film, libri e canzoni, e fu così che l’interesse nacque morboso, la Je t'aime-mania impazzò e toccammo il fondo quando Albertazzi_Proclemer, decisi a sfidare i biechi conformisti che non approvavano il loro legame fuori del matrimonio, cantaronoTi Amo... ed io di più”, dove "tu vieni e tu vai dentro gli occhi miei..." "io vado, ma poi ritorno, da te, sempre da te...” è il dolce refrain che mise tranquille le care ziette.

scena

Je t'aime... moi non plus (1976): scena

E forse per questo Gainsbourg fece il film.

Un film di frontiera che, nato per quella canzone, riesce a dire tanto altro.

Una coppia di ragazzi, che lavorano insieme con un vecchio camion che carica e scarica immondizia, arriva in quella terra di nessuno che spesso popolava i film americani di qualche decennio fa.

Al banco, di spalle, una figura non definibile, zazzera corta, niente fianchi, Krass la scambia per un uomo.

Lei si gira, ha un viso alla Botticelli, ma per il resto manca tutto, e poi si chiama Jonnhy. Sta lì al servizio di un grasso e viscido proprietario che il sabato organizza squallidi spogliarelli per un’umanità abbrutita dall’alcool.

Jane Birkin, Joe Dallesandro

Je t'aime... moi non plus (1976): Jane Birkin, Joe Dallesandro

Tra Krass e Jonnhy comincia a nascere qualcosa di sottile, di tenero, fatto di sguardi, sorrisi, la cosa non piace a Padovan, l’altro, più evidentemente gay e per questo mezzo massacrato fuori dal locale dalla fauna locale perché un gay bisogna massacrarlo e basta.

Krass è attratto dall’androginia di Jonnhy, lei dalla sua bellezza maschile, nasce un legame diverso, anomalo, si può chiamare amore? Certo, amore, e non importa come lui penetri lei, e come lei si offra purchè lui la ami, è amore e basta, è vicinanza, è calamita, e questo assolve tutto.

E se un giorno Krass e l’altro andranno via su quel camion sgangherato è perché la vita è così e meno di così, gli amori non sono eterni, di eterno c’è solo la morte e, prima, la solitudine.

Il film si muove tra le solitudini di Edward Hopper e i drammi di Tennessee Williams, lascia una sensazione dolce-amara che ben rispecchia gli anni in cui nacque, quel decennio di transizione fra i clamori di lotta dei ‘60 e i crolli degli ’80.

Lacerazioni sessuali e sociali che Gainsbourg interpreta con ottima tenuta registica, un dosaggio intelligente di emozioni, una scelta di attori giusta, che tiene gli anni egregiamente, anzi li anticipa, il film è più attuale oggi di quando fu girato.

E la musica continua ad incantare.

 

www.paoladigiuseppe.it

 

 

 

 

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