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Dead or Alive

Regia di Takashi Miike vedi scheda film

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La recensione su Dead or Alive

di M Valdemar
8 stelle

Takashi Miike è un terrorista.

Terrorismo sonoro è quello che accompagna i primi sette folli minuti, una bellissima e penetrante musica sparata ad un ritmo forsennato, fatta di chitarre urticanti e distorsioni metalliche, che graffia, azzanna e corrode fin nelle viscere uditive. Ricorda parecchio gli album del gruppo tedesco Atari Teenage Riot.
 

Terrorismo visivo, già da subito, con i due protagonisti del film, il delinquente Ryuichi e il poliziotto Jojima, che, accovacciati, si girano verso la macchina da presa ed iniziano un conto alla rovescia, “one, one, two, three, four!” come a presentar(ci) quello che segue, un frenetico spettacolo di violenze inaudite, accompagnate dalla trama sonora di cui sopra: rapine, omicidi, sparatorie, sodomizzazioni (“tutto dentro, cazzo sì!”), una stupenda ragazza che balla la lap dance, un uomo che sniffa una lunghissima striscia di droga, un altro che mangia molti piatti di una pietanza che, quando verrà colpito da dietro con dei colpi di pistola, si riversa, giallognola e vomitevole, verso lo schermo.


E questa è solo la premessa, un furioso e schizofrenico prologo, che serve a introdurre la storia.

Ryuichi, un uomo imperturbabile come sua la folta e “laccata” capigliatura, e i suoi uomini sono una banda di criminali che sta conquistando il controllo degli affari malavitosi e del traffico di droga, senza alcun controllo e rispetto, come novelli Corleonesi.

Perché? per “accumulare soldi. Accumulare potere. E’ tutto qui.”
Al fine di fermare tale ascesa la temibile yakuza e la mafia cinese stringono una “santa” alleanza, come viene meglio spiegato da uno dei boss:


”conoscete la storia del gabbiano? Il mollusco e il granchio erano così impegnati a litigare tra loro, che arrivò il gabbiano, e se li mangiò entrambi.”


Jojima è il poliziotto che deve affrontare tutto questo e non solo: ha problemi con la moglie, problemi con la figlia malata e bisognosa di urgenti e costose cure, e ha anche problemi col suo superiore (che in seguito si scoprirà essere corrotto), il quale gli “suggerisce” un approccio leggero nel risolvere l’ondata infinita di azioni criminose:


“Sai cos’è il male necessario? Il male in sé non è male, fino a quando serve a mantenere l’equilibrio.”


Jojima non esiterà a ricorrere a infimi informatori (uno è un produttore di film porno, in una scena fa eccitare un cane per farlo “recitare” con una donna, a pecorina) e a trascurare la famiglia.

Sia Ryuichi che Jojima perderanno qualcuno di caro, e si affronteranno in un memorabile duello finale, che ancora una volta, è come se ci venisse “presentato“:
“Eccoci. Siamo alla scena finale.”


Scene disgustose e di inaudita ferocia si susseguono. Una merita particolarmente menzione: uno dei boss , finito di farsi un’iniezione di droga, osserva davanti a sé il corpo semi-immobile di una ragazza nuda, e, con fare sprezzante e noncurante, dice:
Le donne … che hanno riso vedendo il mio cazzo … alla fine tremavano tutte dal piacere. Ah. Mi spiace sia così piccolo. E’ un fatto … genetico. Possibile che te ne stia ancora uscendo? Quanta roba c’è nel corpo umano? … E’ un bel mistero. Un mistero. Ah . E’ un mistero. Ma tu hai fatto il record. Strafatta di droga, scopata da tutti. A mollo nella tua stessa merda. Come stai? lo senti Dio? Sei ancora in volo? o stai precipitando? Dove sei, in questo momento?”

La macchina da presa indugia su una bolla che esce dal liquido marrone in cui è riversa la ragazza, e stronzi di merda che le galleggiano accanto. L’uomo raccoglie un po’ di quel liquido, ne beve un sorso, e poi continua:
“Per quale motivo, anche se, ti ho lavata tante volte, puzzi ancora così tanto? Perché puzzi così tanto? Eh?”


L’inquadratura si allarga, e mostra che la ragazza è all’interno di una piscinetta.
“Perché puzzi?” le dice infine, mentre con un piede la tiene sott’acqua (o meglio sottomerda), e la affoga.
“L’ho fatto di nuovo!”

Ma Takashi Miike non si ferma solo a raccontare una storia con sequenze ripugnanti e violente, come quella in cui Ryuichi e i suoi eliminano i membri di yakuza e mafia cinese, e fiotti di sangue inondano letteralmente il luogo dell’azione: cerca di scavare nelle personalità dei due protagonisti, con le loro situazioni familiari, (per il criminale il fratello studioso e per il poliziotto mogile e figlia); descrive il senso di inadeguatezza (e di contaminazione) delle forze dell’ordine, esplora il lato meno nobile dell’animo umano. Solo che lo fa con stile iperrealistico, velocissimo e personale. La sua estetica psicotica non va studiata o analizzata, banalizzandola, va solo accettata.



La summa di tutto questo è il finale: spiazzante e geniale, impensabile, assurdo, grottesco, stupefacente, insensato, esplosivo, davvero “finale“.

E’ solo da vedere.

Su Takashi Miike

L’inizio è folgorante, una specie di vorticoso preludio con un montaggio serrato e perfetto. In poche parole, una lezione di cinema. Sa girare come pochi nel panorama odierno.

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