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Weapons

Regia di Zach Cregger vedi scheda film

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La recensione su Weapons

di supadany
8 stelle

Abituati come siamo ad avere tutte le risposte in tasca, quantunque per forza di cose non siano sempre corrette (per il singolo, l’importante rimane crederci e quindi tranquillizzarsi), quando ogni spiegazione razionale viene meno, ci sentiamo smarriti e brancoliamo nel buio. In una situazione del genere, alcuni alzano velocemente bandiera bianca, mentre altri sbattono la testa contro un muro, soprattutto quando non possono farsene una ragione, alle prese con eventi più grandi di loro, dall’impatto devastante e quindi impossibili da accettare a scatola chiusa.

In Weapons, nessuno dei protagonisti può concedersi il lusso di dormire sonni tranquilli. Un film che vuole parlare svariati linguaggi, muovendosi tra una vocazione significativamente cinefila e un’altra di stampo popolare, modellando una realtà incomprensibile/inaccettabile e una fantasia macabra/recondita, con uno slittamento graduale dalla prima alla seconda. Parliamo di un’autentica rivelazione, al netto di qualche dubbio collaterale/intrinseco (verbigrazia, gli amanti del cinema horror nudo e crudo, lo ameranno?), una rampa di lancio per Zach Cregger, classe 1981, pronto a iscriversi in quella short list che comprende quegli autori – tra gli altri, Ari Aster, Jordan Peele e Robert Eggers - che utilizzano/plasmano il genere horror per spingersi poi ben oltre (di recente, vedasi Sinners), tentando – chi più, chi meno - di conquistare il plauso sia del pubblico sia della critica specializzata.

Quando alle 2:17 di una notte come tutte le altre, diciassette bambini di una classe svaniscono nel nulla, la piccola comunità di Maybrook non può che essere sconvolta. In tanti puntano con premeditazione il dito contro Justine Gandy (Julia GarnerOzark, Wolf man), la loro insegnante, che quindi si sente minacciata, mentre Alex (Cary ChristopherIl tempo della nostra vita), l’unico bimbo rimasto, non è in grado di fornire alcuna informazione utile e Archer Graff (Josh BrolinNon è un paese per vecchi, Sicario) è il solo genitore che non si arrende all’evidenza, provando con tutte le sue forze a capire cosa sia realmente accaduto.

Nella fitta e intricata rete della vicenda, finiscono imbrigliati anche Paul (Alden EhrenreichSolo: A Star wars story, Ave, Cesare!), un poliziotto in difficoltà, James (Austin AbramsEuphoria, Città di carta), un tossicodipendente che vive alla giornata, e Andrew (Benedict WongDoctor Strange, Il problema dei 3 corpi), il preside della scuola, mentre in città comincia a palesarsi Gladys (Amy MadiganL’uomo dei sogni, Strade di fuoco), una figura enigmatica/ferale.

I nodi verranno al pettine, tuttavia questo incubo non passerà senza lasciare segni permanenti.

 

 

Julia Garner

Weapons (2025): Julia Garner

 

 

Serio candidato a essere il fulmine a ciel sereno dell’estate cinematografica 2025 (vedi gli incassi in tempo reale e il responso della critica americana), Weapons è la seconda opera del suo regista/sceneggiatore Zach Cregger dopo l’incoraggiante accoglienza ricevuta da Barbarian. Un banco di prova fortemente cercato, un lavoro strutturato e accessoriato, che punta decisamente in alto assumendosi grosse responsabilità, tra una costruzione certosina, suddivisa in capitoli incastrati tra loro, che ricorda tanto grande cinema del passato (da Magnolia a Rashomon, fino al recente L’innocenza), e tanti richiami horror, che vanno da uno scenario degno di Stephen King (di lui, si scorgono anche debiti di riconoscenza nei confronti di Shining e It) ad associazioni subitanee, che spaziano in plurime direzioni (corse fameliche degne di 28 giorni dopo e imbucate in stile Rec).

Dunque, Weapons è impaginato/impastato con cognizione di causa e si complica piacevolmente la vita, mandando in inesorabile e irreversibile crisi i personaggi che lo abitano, con elementi sociali di diversa estrazione (l’indice accusatore, istituzioni assenti/incapaci, mancanze e debolezze traumatiche che colpiscono tutti) e condizioni psicologiche compromesse (i traumi sono messi nel giusto risalto), per uno stato di allerta costantemente percepibile, una carburazione in crescendo e cromosomi horror che dapprima s’intravedono mediante alcuni jumpscare per poi incrementare l’incidenza fino a esplodere quando il punto di rugiada viene raggiunto e tutti i pianeti (personaggi) sono finalmente allineati.

Più in generale, in questo caso ogni spoiler è severamente deleterio/vietato, tuttavia si può asserire che anche nel suo sfogo compiutamente horror, tra il grottesco e un’emotività partecipata, il film mantenga una configurazione articolata e temporizzata come lo stato dell’arte prevede/richiede, lasciando forse qualche perplessità giusto in prossimità di una chiusa succinta, almeno rispetto a tutto il resto.

Andando oltre, le scelte musicali sottolineano/rinvigoriscono i momenti topici e il montaggio di Joe Murphy (Beach rats, Swallow) compie pregevoli giochi di prestigio, per quanto questo contributo sia facilitato da una sceneggiatura scrupolosa, forse solo troppo programmatica, e da una regia sempre e comunque consapevole di ciò che vuole ottenere.

Dulcis in fundo, non capita tutti i giorni di vedere un cast così valido sulla carta e altrettanto affiatato nei fatti, nel quale tutti hanno un’importante voce in capitolo, annoverando la consumata solidità di Josh Brolin e la strenua caparbietà di Julia Garner, il recupero del disperso Alden Ehrenreich e l’espressività esclamativa di Austin Abrams, fino ad arrivare ad Amy Madigan, che risulta semplicemente destabilizzante.

 

 

Josh Brolin

Weapons (2025): Josh Brolin

 

 

Nel complesso, Weapons utilizza con astuzia gli strumenti del mestiere, trasfigura la realtà – confondendo le acque - fino a trasformarla in una fiaba nera, tramite cerchi concentrici che partono al buio per poi giungere a svelare l’incognita che risiede al centro, entra in viscere recondite e non perde mai il polso della situazione, conseguendo un senso compiuto. Una forma di rara avis precisa (ma senza usare uno sterile misurino) e acuta (gli spioventi funzionano e fanno male), appariscente e spiazzante, con ancoraggi robusti e risvolti perlopiù azzeccati, fermenti indicativi e puntatori mutevoli, per un layout tirato a lucido che si espande a macchia d’olio, tenendo sulle spine e giocando con le aspettative di chi guarda, tra diversivi inquieti e implementazioni evocative, venature di dark humour e tante anime che convivono, portando acqua al mulino di un autore sui generis, da tenere in attenta considerazione per il futuro.

Persuasivo e polifonico, sostanzioso e accattivante, disseminato di sollecitazioni/stimolazioni gratificanti/prolifiche che cercano – probabilmente riuscendoci - di portarsi a casa la posta completa, facendo cappotto.

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