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Juve contro Fantômas

Regia di Louis Feuillade vedi scheda film

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La recensione su Juve contro Fantômas

di alan smithee
8 stelle

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CINEMA OLTRECONFINE - FANTOMAS PARTE II
Un turbinio di avvenimenti, tra cadaveri irriconoscibili, catastrofi ferroviarie (magnifica la scena, ripresa su un plastico attraverso una panoramica assai suggestiva!!), esplosioni, attentati alla incolumità dell’ispettore Juve, assalito addirittura da un boa constrictor, in quello che è il secondo appuntamento della serie dedicata al genio del male, l’uomo dai mille volti, tra cui quello mascherato, ovvero Fantomas.
L’inseguimento dell’ispettore si fa sempre più pressante, la preda appare sempre più vicina ma, anche quando catturata, riesce sempre a dileguarsi, astuto e guizzante come un'anguilla, imprevedibile e lucido anche quando i programmi non procedono nel verso meticolosamente elaborato. Un gran finale col botto non fa presagire nulla di buono, almeno se si tiene per la legge ed il nostro povero ispettore, assieme al suo fedele aiutante Fandor, ingenuo ma generoso.

Secondo dei cinque film-mediometraggi (ma a quei tempi di sketch comici fulminei e scatenati, 50 minuti di film erano già un traguardo notevole), che compongono il ciclo Fantomas, l’infaticabile regista nizzardo degli albori della settima arte, Louis Feuillaude, che fu altresì responsabile artistico della casa di produzione Gaumont, dà vita da una parte al primo vero “blockbuster” francese, ovvero si misura con un colossale successo di pubblico, che già seguiva con trasporto l’opera letteraria di Marcel Allain e Pierre Souvestre dedicata al celebre furfante trasformista ed imprendibile, e all’ispettore che deve instancabilmente dargli la caccia.

Dall’altro anche questo film, come gli altri film della serie, anticipa la tendenza fortunata, proseguita poco dopo l’inizio della prima Guerra, e grazie all’esonero del regista dal compiere il proprio dovere sul fronte, con il cineromanzo Les Vampires (e il suo personaggio di donna in tuta nera Irma Vep, quasi una versione femminile di questo Fantomas, portata poi sullo schermo nuovamente da Assayas una ventina di anni orsono con l'omonimo suo capolavoro interpretato da Maggie Cheung), che in un certo senso anticipa quella moda ormai così irrinunciabile che è quella del serial, attualmente ormai una moda dilagante e contagiosa, dal seguito ormai assai più trascinante che i prodotti per il cinema, usufruibile in varie forme e modalità sul piccolo schermo. Un prpdotto che genera dipendenza, finita ogni puntata in modo da creare spasmodica aspettativa sul pubblico, che darebbe molto per poter continuare immediatamente a proseguire la visione.

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Il risultato dell'opera di Feuillade dedicata a Fantomas, è fantastico già solo a livello narrativo, dipanandosi la vicenda attraverso una storia spesso anche violenta e cruda che si organizza e vede coinvolti diversi personaggi e fronti paralleli di svolgimento, sia di indagine che di avvicendamento parallelo di fatti; circostanza problematica che costringe il regista a svariate svolte narrative molto elaborate ed assai interessanti per quegli anni di albori cinematografici e sperimentazione. L’ambientazione spesso notturna costringe Feuillaude ad inventarsi un “effetto notte” costruito su sfondi blu: escamotage che lascia un attimo perplessi, smaliziati quanto siamo oggigiorno, ma che poi si rivela piuttosto efficace.
Ma il film ci riporta, quasi come inviati speciali in una sorta di macchina del tempo, ad un’epoca così lontana che ci proietta quasi in un altro mondo, tanto sono lontani quegli anni “dieci” dagli attuali medesimi anni di un secolo (e millennio) successivo: strade acciottolate percorse da carrozze e cavalli che abbandonano qua e là cumuli di letame che la macchina inquadra come specchio fedel di una realtà quotidiana ormai impensabile; ma anche i vestiti, l’ossessione per i cappelli, la giacca ed il gilet che risulta appannaggio di tutti i ceti, anche indosso ai briganti più disperati; i messaggi scritti a mano e ripresi in primo piano in modo da far comprendere allo spettatore circostanze e dettagli che ci vengono in tal modo risparmiati in sede di rappresentazione, e molto altro ancora: tutti dettagli, spesso emozionanti, di un costume di vivere lontano apparentemente ben oltre i cento e più anni che ci separano dall’anno della pellicola.

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Dimentichiamoci il Fantomas affascinante e glamour di Jean Marais, o l’ispettore Juve irascibile e comico riesumato e personificato nei tratti schizzati dello straordinario Louis des Funès, nella celebre serie cinematografica comica degli anni ’60, che in un certo modo stravolge i tratti dei due personaggi principali nati e sviluppati nell’omonimo romanzo: qui, agli albori dell’arte cinematografica, ci troviamo di fronte ad un brigante serio, cattivo, implacabile, oltre che imprendibile, in linea con i tratti dell’originale letterario: un assassino che non si tira indietro davanti a nulla e che non prova compassione né pietà di fronte a nessuna circostanza, quando la partita in gioco sono i soldi e i gioielli.
Visi trafelati, occhi sgranati, espressività sopra le righe necessaria a compensare la mancanza di un sonoro di cui alla fine non si sente poi così la mancanza, né ci impedisce di emozionarci di fronte ad una maestria tecnica ed organizzativa che quasi commuovono, soprattutto pensando che ormai nessuno delle centinaia di persone a vario modo coinvolte – direttamente o dietro le scene - nel faraonico ed ambizioso progetto, fa ormai più parte di questo nostro mondo futuro.  

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