Regia di Julie Bertuccelli vedi scheda film
"Depuis qu'Otar est Parti" è l'inconfutabile prova che al cinema il trattamento della materia, o più semplicemente stile, è tutto. Al suo esordio nel lungometraggio di finzione, Julie Bertuccelli si misura con una materia narrativa potenzialmente mefitica (sensibilità programmaticamente femminili, cordoni ombelicali soffocanti, piccole e grandi menzogne famigliari e così via) ma riesce a depurarla dagli eccessi patetici e morbosi giocando sulla slabbratura dei tempi drammatici, su impercettibili slittamenti ironici e su un sottile senso di spaesamento che si traduce in sorprendenti deviazioni dello sguardo. In una parola, sulla lezione stilistica di Otar Iosseliani, di cui è stata assistente. E dal maestro georgiano la documentarista francese ha anche appreso la raffinatissima attenzione alla dimensione sonora, costantemente attraversata da rumori di fondo di inusitata chiarezza e cristallina intensità. Difetti? Qualche primo piano di troppo, alcuni scivoloni didascalici e il solito doppiaggio scellerato che offusca, almeno in parte, il lavoro sul sonoro. Incipit e finale "casuali" indovinatissimi. Comunque un'autrice già matura.
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