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Millennium Mambo

Regia di Hou Hsiao-hsien vedi scheda film

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La recensione su Millennium Mambo

di David Cronenberg
8 stelle

Con “Millennium Mambo”, ha inizio una supposta trilogia sulla gioventù del millennio nuovo, concepita dal Leone d’Oro, con “La città dolente” del 1989, Hou Hsiao-hsien. Il suo secondo film ottiene un Premio Speciale al Festival di Cannes 2001 per le migliori musiche, pulsante techno che fa muovere i giovani corpi nella muta simbiosi dell’odierna gioventù perduta, stessi corpi poi rarefatti nella droga e nell’alcool del nostro millennio, il terzo, non più quello mambo.
La m. d. p. segue, segugio di anime, Vicky, una ragazza, che cammina in un tunnel lampante di luci al neon, scende le scale, non si sa quale destino l’attenda, ma di certo il passato può esser ben rapportato a quello di altri come lei, segnato dal vuoto d’insulsi rapporti interpersonali e dal pieno beat delle discoteche, dove lavora solitamente come PR. È divisa tra due uomini, differenti solo nell’immagine, Hao-hao un DJ tossicomane perverso e violento, Jack un ricco criminale falso ed egocentrico. Non sa cosa fare della sua vita, trova “conforto” prima in uno poi nell’altro, fino a quando scopre un clima differente da quello Taiwanese, in un piccolo paese in Giappone dove trova una famiglia molto unita che, tra la neve e l’annuale festival cinematografico locale, gestisce onestamente un ristorante.
Nell’annata cinematografica scadente “Millennium Mambo” è il classico film indipendente che si distingue per forza di cose, un po’ per la tecnica davvero esemplare di usare il cinema come coscienza immaginifica e un po’ per aver ostentato egregiamente le problematiche e le aspettativa sociali dei giovani d’oggi. Il filologico andamento filmico del cinese Hsiao-hsien sfiora, senza apologetiche discriminazioni, vita discotecaria e fiducie mancanti nei giovani d’oggi, sottomessi al sistema globale che a ritmo frenetico impone mode musicali, stilistiche, narcotiche e sessuali, non lasciando scegliere altro ad essi, al di fuori dell’adattamento a un mondo a rovescio, con timbri techno, malleabili e impuri. E nel rendere tali sensazioni la tecnica è preziosissima, riveste una dissimulante fotografia e una delle musiche più belle della storia del cinema. Vicky, interpretata ottimamente da un attrice non professionista come del resto lo è tutto il cast, rivela la forma dell’essere giovani nel “millennio mambo”, concludere il tunnel nella rivelazione dell’aspettativa mancata, già disillusa da un recente passato di umiliazioni carnali e psicologiche. Finire poi nel paesino innevato in cui Vicky decide di stabilirsi dovrebbe farci ritrovare il nostro ormai liquido alter ego , e invece…

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