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Liberty Stands Still

Regia di Kari Skogland vedi scheda film

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M Valdemar

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La recensione su Liberty Stands Still

di M Valdemar
6 stelle

Che incassi avrà fatto questo film? Probabilmente scarsi, in special modo negli Stati Uniti, e il motivo è semplice: il tema centrale di Liberty Stands Still è una critica aperta al Secondo Emendamento della Costituzione degli USA, introdotto oltre due secoli fa e facente parte della nota “Carta dei diritti”, comprendente i primi dieci emendamenti della costituzione. Il secondo garantisce il diritto di portare armi, e le interpretazioni su chi fosse il destinatario di tale diritto, se solo milizie statali o anche privati, ha provocato numerose discussioni, politiche e giudiziarie oltre che sociologiche; ma poi ci ha messo sopra una pietra tombale la simpatica Corte Suprema nel 2008, che ha riconosciuto il diritto individuale e inviolabile dei privati cittadini di essere armati. Amen!
E’ notoria la sintonia sfrenata, sessuale perfino, tra gli americani e le armi da fuoco, basta guardare un qualsiasi poliziesco, sia esso un film o una serie televisiva; del resto parliamo di un Paese in cui vige la pena di morte in molti dei suoi stati, se gli americani potessero l’attuerebbero tramite fucilazione, sai che goduria. Le industrie che producono armi costituiscono delle potentissime lobbies che stringono per lo scroto i vari governanti (vedi Thank you for smoking, per esempio). Non muta la loro visione guerrafondaia (ed anzi l’alimenta, giustificandosi) neanche la moltitudine di casi in cui stragi e omicidi sono causati dal possesso delle armi nelle mani di chiunque. Anche di bambini.
Liberty Stands Still va pertanto senz’altro accostato a produzioni tipo La giuria (di Gary Fleder, con Gene Hackman, Dustin Hoffman e John Cusack) e Bowling a Columbine di Michael Moore, che, nel primo caso per via della produzione di serie A e per il richiamo di attori famosi (nonché per il solito ricorso al dibattimento processuale) e nel secondo caso per la “stazza” provocatoria del regista, hanno invece ottenuto un buon successo.
Inoltre lo spunto di partenza è assimilabile alla canzone Jeremy dei Pearl Jam (tratta da un caso realmente verificatosi), per lo spirito critico e il messaggio di dolore che trasmette.
Joe (Wesley Snipes) è un ex agente governativo cui hanno ammazzato la figlioletta: è stato un compagno di scuola, con un fucile fabbricato dalla ditta Wallace. Lui decide di passare all’azione e vendicarsi, perciò, con la minaccia di far esplodere un carretto di hot dog (altro imprescindibile simbolo americano), pieno di esplosivo, impone di ammanettarsi ad esso la disinvolta proprietaria, Liberty Wallace (Linda Fiorentino), figlia e moglie di fabbricanti di armi (e quindi di morte), giunta a teatro per incontrare il suo amante, anch’egli in trappola, legato a una sedia in camerino e con un ordigno pronto a scoppiare; Liberty è tenuta sotto tiro con un fucile di precisione Wallace, e Joe è in collegamento con lei col cellulare, appena la batteria si esaurirà la bomba esploderà.
Cosa vuole ottenere? Glielo chiede anche Liberty, e la risposta di Joe è semplice quanto (forse) ineseguibile: vuole che emergano i loschi affari, politici e commerciali, della sua società (ora comandata dall’infido marito Victor - il sempre bravo Oliver Platt), ma soprattutto che si apra un pubblico dibattito sul secondo emendamento. E qui sta il paradosso (fatto notare anche da Liberty): innalzare una controversia sul disfacimento (della mente e della carne) causato dall’uso (e dall’abuso) delle armi, tenendo sotto tiro con un fucile una persona (e un’intera città)? Ebbene, non c’è altra scelta, secondo Joe, in questa società, malata e militarizzata.
Disarmare con le armi.
Il finale, crudo e inesorabile, realisticamente non risolve.
Liberty Stands Still, scritto dalla stessa regista, canadese, (e girato in meno di tre settimane) è un film concentrato sulle (lodevoli) intenzioni, ben diretto e costruito; lo svolgimento drammatico dell’azione è teso e coinvolgente, pur se appare evidente l’impianto teatrale: infatti tutto il film si poggia sui dialoghi, belli e densi d’impegno, tra i due protagonisti. I difetti del film consistono nell’aver ambito a qualcosa di più che i mezzi in possesso offrivano, svelando anche una certa confusione nella trama (che a un certo punto vira sul versante delle paranoie complottiste, non risolvendole), nonché in una fotografia e colonna sonora anonime.
Il lato più apprezzabile è, senz’ombra di dubbio, la prova dei due attori protagonisti: Wesley Snipes, lontano dai ruoli action tutto muscoli e arti marziali, è concreto e intenso, risulta attendibile nel tratteggiare un uomo distrutto da un sistema, che pure aveva, prima del dramma dell’uccisione della figlia, sostenuto e difeso.
Linda Fiorentino è ogni cosa: sicura, credibile, intensa, e dalla pazzesca femminilità e sensualità, in qualsiasi situazione, anche la più drammatica. In una ipotetica classifica di attori più sottovalutati di sempre, per me lei occuperebbe le primissime posizioni.

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