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La vita degli altri

Regia di Nicola de Rinaldo vedi scheda film

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La recensione su La vita degli altri

di speedy34
6 stelle

Strano mistero la carriera di un attore! Renato Carpentieri, che ha lavorato con registi del calibro di Gianni Amelio (Premio Sacher come Migliore Attore non Protagonista nel film “Porte Aperte”), Gabriele Salvatores (Nastro d’Argento sempre per la stessa categoria nel film “Puerto Escondido”), Paolo e Vittorio Taviani, Nanni Loy, Luigi Magni, Nanni Moretti, assapora le melliflue carezze del successo popolare grazie alla serie televisiva “La squadra”. Ed allora incomincia a diventare difficile barcamenarsi tra una macchina produttiva come quella della fiction televisiva che tutto macina a ritmi insostenibili e le richieste sempre più rare e stimolanti di un mercato cinematografico che ancora con difficoltà ammette “contaminazioni” con l’odiato/amato mezzo televisivo.
Renato Carpentieri, pur con estrema difficoltà, sta riuscendo a veleggiare su entrambe le sponde: così accanto a ruoli in altre fiction di successo (“Piccolo Mondo Antico”, “Stiamo bene insieme”) alterna partecipazioni in bei film come il recente “Il consiglio d’Egitto” di Egidio Eronico. É un vero peccato che quando gli viene offerto uno dei suoi rari ruoli di protagonista al cinema, come accade ne “La vita degli altri”, si riveli un’occasione mancata! E, paradossalmente, proprio perché il suo quasi debutto in queste inedite vesti avviene con un “prodotto” che risente maggiormente della provenienza ed influenza televisiva del suo regista, Nicola De Rinaldo.
La storia del camorrista Mariano (Renato Carpentieri) che decide di chiudere con la sua vita passata e si scopre solo, senza affetti, senza amici e con il grande rimorso di aver assassinato il fratello credendolo a torto colpevole della morte di sua moglie, ha i ritmi e la struttura drammaturgica caratteristici della fiction televisiva, Un difetto? Assolutamente no, ma il cinema ha necessità di un diverso linguaggio, di più ampio respiro e di quella particolare cura dei dettagli e delle sfumature che ne hanno fatto l’Arte che tutti amiamo e conosciamo.
Credibile e convincente nel ruolo di un uomo costretto a fare i conti con i fantasmi del suo passato, Renato Carpentieri evita qualsiasi coloritura folkloristica o scontata oleografia tipica dei personaggi di questo stampo (mafiosi, camorristi ed affini) racchiudendo il proprio disfacimento esistenziale fra le mura della sua isolata villa alle pendici del Vesuvio che minaccioso sembra sempre sul punto di risvegliarsi. Attorno a lui un cast d’attori “televisivi” come Patrizio Rispo, Rosa Pianeta o Massimiliano Franciosa capaci di disegnare con seria professionalità personaggi, anche se secondari, necessari alla storia, e volti emergenti del cinema italiano come Maya Sansa (Silvia, la figlia del Boss) e Maria Teresa Saponangelo (la vulcanologa Livia che instaura con l’ex malvivente un rapporto di sincera amicizia) che attendiamo in prove più convincenti e meglio servite da una sceneggiatura e da una regia che sappia sfruttare appieno il loro talento.
E se nelle intenzioni del regista Nicola De Rinaldo il pericolo minaccioso della natura doveva diventare un elemento di amplificazione e risonanza del tormento del protagonista così come il sentimento predominante sarebbe dovuto essere un senso di malinconia per la perduta stagione dell’innocenza, i risultati disilludono le aspettative anche a causa di una fotografia “povera”, di una colonna sonora ridondante e di un montaggio “scontato” che iscrivono il film nella categoria della più professionale produzione seriale televisiva.

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