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L'imprevedibile viaggio di Harold Fry

Regia di Hettie MacDonald vedi scheda film

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La recensione su L'imprevedibile viaggio di Harold Fry

di diomede917
7 stelle

CIAK MI GIRANO LE CRITICHE DI DIOMEDE917: L’IMPREVEDIBILE VIAGGIO DI HAROLD FRY

Al termine del film, quando le luci della sala di accendono e gli occhi non sono rossi per quel motivo, ti alzi dalla poltrona con due frasi che, come un mantra, ti martellano il cervello.

“Tu non muori, tu non muori, tu non muori” detto come un coro da stadio o una litania fanciullesca e “Meno razionalità e più fede”.

Perché L’imprevedibile viaggio di Harold Fry, tratto dal best seller Rachel Joyce che ne ha curato anche la sceneggiatura, è soprattutto un film sulla fede. Ma non una fede nell’accezione religiosa del termine, ma una fede più laica che parte soprattutto dall’introspezione in noi stessi.

Harold è un uomo qualunque, quasi invisibile, che vive la sua vita in fotocopia dentro il suo piattume e nonostante tutto gli va bene così.

Ma una mattina, la sua inutile e uguale vita ha uno scossone sotto forma di lettera.

Queenie, una sua ex collega, le invia un messaggio di addio comunicandogli che è ricoverata in un Hospice nel nord dell’Inghilterra e che ha pochi giorni di vita.

Questa lettera ha un doppio effetto nella vita di Harold: lui si sente in dovere di risponderle nel migliore dei modi possibili mentre sua moglie Maureen risulta infastidita da questo fantasma che sbuca improvvisamente dal passato.

L’incontro casuale con una ragazzina che lavora al piccolo market del suo paesino alla quale racconta della lettera fa scattare la scintilla all’anonimo Harold.

Non invierà più una lettera di risposta ma come un Forrest Gump attempato decide di farsi 800 km a piedi per donarle un quarzo e in questo modo darle una speranza per vivere fino a quell’incontro. Telefona alla struttura e comunica alle infermiere che Queenie deve resistere.

E senza avvisare alla moglie comincia il suo viaggio che è in realtà un’opera di redenzione verso l’espiazione dei propri peccati.

La regista Hettie MacDonald realizza un film piccolo, semplice ma efficace come il suo protagonista affidandosi alla bravura di un pezzo da 90 della recitazione inglese, il grande Jim Broadbent. Un attore con il quale è difficilissimo non empatizzare, con quel faccione e quegli occhi quasi smarriti che ci fanno entrare nell’anima di un uomo che ha represso per tutta la vita un dolore e un tormento che porta dentro come un macigno.

Un uomo che per tutta la sua vita non ha vissuto ma che scoprirà il mondo e l’umanità attraverso questo viaggio.

E noi con lui.

Entriamo nella sua memoria per scoprire il senso di colpa che attanaglia il protagonista e il suo legame con Queenie, e con i suoi occhi guardiamo la realtà inglese che accompagna il suo pellegrinaggio. Una donna che vive il dolore di non essere diventata madre, soprattutto di un figlio maschio. Un amore omosessuale strano tra un manager e un disabile. Una dottoressa che viene dall’est Europa abbandonata dal suo uomo e costretta a fare le pulizie per arrivare a fine mese. Un ragazzo che a 18 anni cerca il senso della vita dopo essersi distrutto con droghe e alcool.

Il suo viaggio di fede diventa la speranza per molti che vedono in lui un Guru, ma che in realtà è solo un catalizzatore di solitudini.

Se Jim Broadbent si mangia totalmente il film con la sua gentilezza non è da meno Penelope Wilton. Una moglie chiusa nel suo ruolo, una donna che lo ha castrato e umiliato per tenerselo stretto a sé, una donna che non ha mai avuto il coraggio di scappare ma che grazie a questo viaggio capisce l’importanza dell’amore.

L’imprevedibile viaggio di Harold Fry è quel piccolo film che fa tanto bene al cuore, che ti riempie di speranza e che all’uscita dal cinema mentre torni a casa ti guardi intorno alla ricerca di una luce che brilla nel tuo angolo di vita che ti doni un sorriso.

E solo in quel momento saprai che quella sensazione è merito di Harold Fry.

Voto 7,5

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