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Anhell69

Regia di Theo Montoya vedi scheda film

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La recensione su Anhell69

di Gangs 87
7 stelle

Medellín è una delle città più densamente popolate della Colombia, seconda solo a Bogotà. Centro industriale la cui attività principale è il settore tessile, è circondata da fabbriche. Theo Montoya, il narratore fuori campo di questa storia nera, la definisce la ”città delle madri”, laddove i padri dei giovani di questo paese, per i motivi più disparati, non ci sono mai stati.

 

Montoya parte da questa descrizione dura ma allo stesso tempo intima della sua città natale e racconta del suo passato, del destino scampato e dei sogni infranti e raggiunti. Racconta dei suoi amici morti per eroina, per suicidio, per mano dei narcos o degli omofobi, e lo fa mentre sullo schermo compare in una bara, su un carro funebre che gira per la città di notte, quasi a voler esorcizzare la morte facendosela amica, rendendola protagonista di quel film tanto agognato, sognato, desiderato.

 

Arrivato a quel sogno non può il regista non omaggiare l’inizio della sua carriera, racconta così il suo primo progetto: la preparazione di un B-movie sui fantasmi, dove i vivi possono fare l’amore coi morti, e questo non piace alla società. Montoya scrittura la popolosa e giovane comunità queer ma il protagonista scelto, Angel, muore per overdose di eroina a 21 anni, così come molti amici del regista stesso.

 

Ecco allora che Anhell69 diviene un racconto luttuoso, un memoriale degli affetti perduti, dell’amore per il cinema e delle difficoltà enormi che un giovane colombiano deve affrontare per arrivare alla meta, quella meta che porta oggi le sembianze del Premio Mario Serandrei – Hotel Saturnia per il Miglior Contributo Tecnico assegnatogli nella settimana della critica alla Mostra del cinema di Venezia.

 

La sua favola dark, il suo racconto dai risvolti a volte horror, ha una fotografia nitida e contrastante, che passa dal nero al rosa, dai vividi colori della vita a quelli oscuri della morte e della notte. Una pellicola che ha le forme del documentario ma l’anima di un film drammatico di altri tempi.

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