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Falcon Lake

Regia di Charlotte Le Bon vedi scheda film

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La recensione su Falcon Lake

di Gangs 87
6 stelle

Bastien, adolescente taciturno e introverso, durante una vacanza in campagna con i genitori, conosce Chloé di qualche anno più grande e se ne innamora.

 

Bastano poche righe per racchiudere la trama dell’esordio alla regia dell’attrice Charlotte Le Bon (Asterix & Obelix al servizio di Sua Maestà, Yves Saint Laurent, The Walk) basata sulla graphic novel A Sister di Bastien Vivès, e scritta dalla stessa regista, parte come il più classico dei film di formazione; si concentra infatti sul rapporto tra i due ragazzi, che inizia come una fantasia del taciturno

Bastien e si concretizza poi grazie all’estrosa Chloé, alle prese con le prime delusioni d’amore e alla ricerca (forse) dell’inesistente principe azzurro.

 

Pur sapendo che non stiamo guardando un horror e che non lo guarderemo poi, la regista ha la capacità di far aleggiare, fin dalle prime scene e per tutta la durata della visione, una sensazione di tensione ben più che palpabile che anima il buio, i toni scuri, quasi tetri, che caratterizzano la bellissima fotografia di Kristof Brandl, sensazione enfatizzata anche dalla colonna sonora a tratti inquietante.

 

E’ proprio questa caratterizzazione a rendere la notte molto più interessante del giorno. E’ il buio infatti che incute timore, risveglia i fantasmi e le paure sopite. Riporta a galla i mostri dell’infanzia che l’adolescenza cela ma non sconfigge. Così il lago si anima di leggende di morti giovani, improvvise e terribilmente premonitorie. Bastien e Chloé cercando di esorcizzarle ma la solitudine che inconsapevolmente e volontariamente li avvolge non lo permette mai fino in fondo.

 

La stessa natura, silenziosa e onnipresente in ogni inquadratura, avvolge tutto e tutti. Soprattutto Bastien che se ne va in giro in bici incapace di socializzare, dando voce all’emarginazione adolescenziale, sintomo di inadeguatezza fin quando, la sua infatuazione per Chloé, lo obbliga al contatto umano. Inizia così a fare i conti con la presenza dei terzi incomodo che lo infastidiscono, che poi sono tutti quegli elementi disturbanti verso un equilibrio precario che minaccia la sua solitudine fino a scombinarla. Così quello stesso sentiero percorso poco prima, in solitaria, con la bici, diventa una corsa in tandem con l’amore e si trasforma in metafora di vita, laddove quell’ultima estate dell’adolescenza è il confine che separa dalla maturità.  

 

Tra gli elementi di questa natura, protagonista assoluto è l’acqua, con tutto il simbolismo che si porta dietro. L’acqua fonte di mistero, di rinascita e purificazione; elemento liquido, puro, adattabile e ricettivo. Visto come forza misteriosa, in grado di trasformarsi continuamente, penetrando il suolo e la roccia e nutrendo la terra sotto forma di pioggia che nel film compare spesso, accompagnando alcune delle scene più suggestive.

 

Charlotte Le Bon gira Falcon Lake in 8 millimetri, quasi a volerlo rendere un filmino di famiglia da rivedere con nostalgia. Lo carica di inquadrature simmetriche donandogli un senso di stabilità e concretezza grazie anche alla camera fissa spesso presente. Così i protagonisti non sono mai solo Bastien e Chloé ma ogni elemento visibile. Questa fissità diventa forse  anche un modo per dirci che ci sono cose che restano immobili mentre noi irrimediabilmente evolviamo.

 

Falcon Lake è una pellicola da ammirare cercando di cogliere il senso che c’è dietro ogni sguardo e ogni gesto, considerando che sono più delle parole dette. E’ un film che ci mette molto tempo a carburare a lasciarsi assimilare ma che regala un finale intenso, in parte intuibile, ma significativo.

 

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