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Trama

Andrea e il figlio Junior hanno due visioni agli antipodi della vita. Tuttavia si ritrovano a dover condividere un lungo viaggio per far visita a Ettore, il padre di Andrea. Dopo gli iniziali litigi e incomprensioni, i due vedranno il loro rapporto cambiare grazie anche a quei luoghi che hanno segnato, nel bene e nel male, l'ascesa e la caduta di Andrea.

Curiosità

INTERVISTA AI REGISTI

Il Giudizio è un’opera prima. Ci sono stati dei modelli di riferimento ai quali vi siete ispirati?

La nostra idea di regia si avvicina molto a quella del cosiddetto cinema “d’autore”. Amiamo seminare suggestioni ed esprimere concetti attraverso la cura delle immagini prima ancora che con azioni o parole. Abbiamo cercato di non prestare il fianco al compiacimento poetico ed estetico fine a se stesso, attribuendo alle immagini e alle inquadrature il compito di rendere l’atmosfera e le sensazioni vissute dai protagonisti nelle diverse situazioni. Non abbiamo voluto indulgere in estetismi o soluzioni ricercate a vantaggio della tecnica e scapito dell’emotività. L’obiettivo era quello di un racconto stratificato che facesse leva innanzitutto su sentimenti forti e universali (l’amore paterno, la famiglia, l’etica, la morale), riconoscibili da tutti e perciò esaustivi del racconto, e che si prestasse a interpretazioni più profonde da parte di un osservatore attento. Ci piace immaginare che alla fine della visione, quando si accendono le luci della sala (reale o virtuale), ognuno possa soffermarsi a pensare a ciò che ha visto e continuare a far vivere nelle proprie riflessioni i personaggi e la loro storia.

Il giudizio, inteso in senso umano, etico e giuridico, è il filo conduttore della storia e unisce tutti i personaggi.

Il giudizio non esiste, è sospeso nel tempo, si riferisce alle nostre azioni, alle nostre debolezze, ai nostri sbagli che si possono tradurre in esperienza solo dopo essere passati per una buona dose di sofferenza. Nel finale, uno sguardo dall’alto ci restituisce tutta la nostra debolezza e fragilità, fino a farci scomparire nella visione di un mondo molto più grande di noi. Ogni personaggio della nostra storia, compresi quelli minori, ha una doppia faccia, un volto nascosto che rappresenta le proprie contraddizioni e ambivalenze. Anche quelle che in apparenza possono essere considerate le vittime hanno le proprie responsabilità e ambiguità, sono prigioniere# dei propri errori. Questo concetto di “doppiezza” non intende certamente essere accusatorio né qualunquista, nel senso di voler ricondurre tutti sullo stesso piano per negare le responsabilità individuali in ragione delle colpe comuni. Ma neppure ha, al contrario, una funzione assolutoria. In un certo senso la vera condanna per ognuno è la consapevolezza della propria colpa e non il giudizio esterno.

Avete scelto di liberare il racconto dalle convenzioni spazio-temporali che sono parte della costruzione narrativa classica.

La sceneggiatura non delinea con esattezza né il luogo né l’epoca degli avvenimenti narrati, anzi le immagini riconducono allo stesso piano temporale, e spesso al medesimo spazio fisico, la realtà del presente, le ricostruzioni mentali del passato e il piano dell’immaginazione. Questo perché ci siamo voluti concentrare sull’aspetto emotivo dei personaggi, creando una sorta di “bolla” all’interno della quale i personaggi stessi sembrano condividere le medesime sensazioni. In questo modo tutte le anime del nostro racconto, unite da legami affettivi e sentimenti anche diversi, riescono a convergere all’interno di un’esperienza comune, nella quale ognuno sembra poter leggere i pensieri dell’altro, come accade ad esempio a Junior, che reagisce alle visioni di suo padre quasi come se vi avesse preso parte. Segno che l’amore è l’autentico e ultimo veicolo di comunicazione tra gli esseri viventi.

Nella ricostruzione degli eventi, reali o immaginari, gli avvenimenti vengono per lo più immaginati e rielaborati in un contesto attualizzato, diverso da quello dove probabilmente si sono svolti nella realtà. Durante questi sogni o visioni il tempo reale si ferma e poi riprende a scorrere senza necessità di sottolineature. Anche le distanze sono spesso irreali, compresse o dilatate.

Per raccontare i momenti di sospensione e gli stati d’animo dei personaggi, quali accorgimenti tecnici avete utilizzato?

Ci siamo avvalsi di una macchina da presa spesso in movimento, con carrelli morbidi e circolari volti a rendere la tridimensionalità dei personaggi, elevazioni con droni, fondali scorrevoli e descrittivi, e con il frequente uso di quinte mobili come cornice per valorizzare espressioni e reazioni. L’utilizzo di brevi piani sequenza ha prevalso sulla più canonica alternanza di stacchi in campo e controcampo, allo scopo di valorizzare i piani d’ascolto, ritenuti non meno espressivi e significativi del dialogo parlato in sé, e per contribuire a creare un’esperienza il più possibile immersiva. Alcune situazioni oniriche sono state rese con il ricorso a montaggi di tipo musicale, a volte con soluzioni in rallenty direttamente raccordate con una colonna sonora dal sapore ipnotico e sintetico.

Tra le professionalità di cui vi siete avvalsi ci sono professionisti come Antonio Siciliano al montaggio, Marco Pieroni alla fotografia, Riccardo Bertini alle musiche.

Il lavoro fatto sulla fotografia, il ritmo delle immagini, la scelta dei punti di osservazione, i movimenti della macchina da presa, i tappeti sonori sono stati posti al servizio delle emozioni, alla ricerca della malinconica bellezza generata dalla memoria emotiva. Tutto è stato fondamentale per testimoniare il senso di chiusura di anime prigioniere di se stesse e delle proprie inadeguatezze. Ad un ulteriore livello, le musiche, per le quali Riccardo Bertini ha utilizzato strumenti convenzionali e acustici, attraversati da inserti tecnologici con stranianti sonorità elettroniche, sono state importanti per sottolineare le improvvise interruzioni spazio-temporali del racconto. Fondamentale nell’incipit del film è stata anche la collaborazione con il rapper Sebastian Killa Cali che, nel pezzo introduttivo, ripreso anche più avanti nel racconto, restituisce lo stato emotivo di Junior all’inizio del viaggio, tra vuoti affettivi e pulsioni di confusa protesta.

 

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