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The Dog Who Wouldn't Be Quiet

Regia di Ana Katz vedi scheda film

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La recensione su The Dog Who Wouldn't Be Quiet

di alan smithee
7 stelle

locandina

The Dog Who Wouldn't Be Quiet (2021): locandina

MUBI

Resistere al mondo che muta e costringe ad adattarsi.

La resilienza è l'arma che, più della immediata reattività, diventa il vero segreto per sopravvivere alle difficoltà a volte apparentemente insormontabili che affliggono il vivere quotidiano sul pianeta.

Oggi come in passato, così come, probabilmente, in un futuro in cui l'uomo dovrà adattarsi ad affrontare situazioni estreme o di forte emergenza.

In questi giorni su Mubi è disponibile un piccolo film argentino intimo e bizzarro intitolato The dog who wouldn't be quiet, della durata di poco più di un'ora, che condensa dentro di sé una materia che, a sviscerarla nella sua completezza, non basterebbe un romanzo.

In The dog who wouldn't be quiet, ci imbattiamo in Sébastian, un trentenne mite che, con pazienza e senza affanni, sa adattarsi ad un destino che lo vede sempre implicato in fatti dal cui comportamento, così come dalle cui omissioni, pare derivare ogni responsabilità e relativa conseguenza.

L'uomo vive solo con un cane gioioso e, tutto sommato, piuttosto quieto, in una località fuori dalla città, e lavora come grafico in una grande azienda nel centro cittadino, condividendo la sua mansione con un gruppo variegato di colleghi.

Daniel Katz

The Dog Who Wouldn't Be Quiet (2021): Daniel Katz

Daniel Katz

The Dog Who Wouldn't Be Quiet (2021): Daniel Katz

Le difficoltà iniziano quando i vicini di casa si lamentano con l'uomo perché il cane, in realtà di carattere mite e silenzioso, ostenti un comportamento di tutt'altra natura in sua assenza: il suo lamento continuo, il suo pianto irrefrenabile lungo tutta la giornata in cui l'animale è costretto ad aspettarlo a casa tutto solitario mentre il padrone è al lavoro, getta nello sconforto i vicini che, straziati dai lamenti del cane, cadono in depressione.

Fatto sta che Sébastian si convince a portarsi il cane sul lavoro. Ma nonostante l'animale sia pacifico e benvoluto, le colleghe del personale arrivano al punto di licenziarlo per non creare precedenti che avrebbero gettato scompiglio tra le abitudini del personale d'azienda.

Senza drammi, l'uomo si adatta a prender parte a lavori saltuari, prima come badante ad un malato terminale, poi come agricoltore e uomo di fatica.

Poi, in occasione del matrimonio della madre vedova, conosce una ragazza e se ne innamora,

Ma proprio in quel momento, mentre lavora nei campi, succede qualcosa nel mondo che costringe l'intera umanità a cambiare radicalmente abitudini di vita: una meteora avvelena l'aria sopra un'altezza di 120 centimetri, e costringe l'umanità a muoversi in ginocchio o strisciando, o, in alternativa, a camminare eretti muniti di uno scafandro che fornisca ossigeno.

La preoccupazione della sua compagna affinché il figlio non cresca succube di questo strano cataclisma, porta la coppia a dividersi.

Ma la resistenza e l'adattabilità della specie umana, e di Sébastian su tutti in particolare, indurrà l'intera razza umana ad adattarsi e a superare il momento critico, pronti a tornare a ricominciare una nuova esistenza, nuovamente in posizione eretta, sia fisicamente che nel morale.

Daniel Katz

The Dog Who Wouldn't Be Quiet (2021): Daniel Katz

Daniel Katz, Julieta Zylberberg

The Dog Who Wouldn't Be Quiet (2021): Daniel Katz, Julieta Zylberberg

E' una piccola geniale sorpresa il film dell'attrice quarantaseienne argentina Ana Katz, che debutta dietro la macchina da presa con questa storia un po' buffa, un po' surreale, un po' inquietante, attraverso la quale l'artista cerca di dimostrare come l'adattabilità e una certa tendenza a lasciarsi cadere addosso le cose, aiuta a sopravvivere più di qualsiasi altra eventuale azione o reazione, coraggiosa od eroica che si possa esser tentati di intraprendere.

Il nostro Sébastian è tutto fuorché un eroe: un mite innanzi tutto, con la sua indole accomodante e la sua innata capacità di ascoltare e sopportare senza farsi prendere da atti di panico o isterie di sorta.

In fondo, a pensarci bene, il film della Katz potrebbe rappresentare una efficace, scanzonata, ma sapientemente trattenuta metafora di un mondo che, proprio in questi mesi, sta uscendo faticosamente da una pandemia mondiale senza precedenti, attraverso la quale, forse, è riuscito a rendersi conto dell'importanza del saper apprezzare la semplicità dei valori più genuini del vivere di affetti e semplici gesti spontanei che troppo spesso lo stress quotidiano ci impedisce di valorizzare come meritano.

E il film, piccolo e intimo come quei gesti dimenticati o trascurati, si dimostra alla fine un piccolo oggetto prezioso se non addirittura inestimabile.

 

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