Regia di Roman Polanski vedi scheda film
Polanski si cimenta nelle vesti di puro e semplice narratore e, va riconosciuto, rispetta il ruolo e riesce a mettere in scena un infinito romanzone ottocentesco con pomposità formale ed adeguato pathos. Ciò che davvero è letale in Tess è però il ritmo: la durata di questa pellicola sfiora le tre ore, fattore che già di per sè potrebbe spazientire, ma quando si aggiungono inoltre una lentezza esagerata ed una quasi totale mancanza di musiche, bè, il gioco è fatto e lo sbadiglio è incontenibile. Basta la forma a colmare laddove la sostanza vacilla? No. Perchè l'origine (Tess dei D'Urbevilles, di Thomas Hardy, 1891) sarà anche nobile, ma quello era un libro e questo è un film: dalle righe stampate su una pagina di carta alle immagini sulla pellicola la differenza è e deve essere enorme, totale, inequivocabile. (Sono solo considerazioni personali, ma) ho fatto molta fatica ad arrivare in fondo a questo film. Lo rivedrei? No. Lo consiglierei? No. E infine non ritengo nemmeno che abbia più di tanto valore la riflessione sulla 'predestinazione' delle classi sociali, centovent'anni dopo il romanzo. Forse l'unica cosa buona che rimane di questo film è la rappresentazione di Tess come simbolo di un'innocenza (in sè nè buona, nè cattiva) che persiste oltre ogni macchia, ogni negazione, ogni sventura o disgrazia cui il fato la sottopone.
XIX secolo, Inghilterra. Una ragazza di presunte discendenze nobili vive povera facendo la contadina; vive due storie d'amore contrastate (da una delle quali nasce un figlio, che muore quasi subito) e infine si macchia di un omicidio e viene arrestata.
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